William, giovane scrittore insoddisfatto dalla vita, ha tentato il suicidio più volte senza riuscirci. Così, per porre fine ai suoi tormenti, decide di ingaggiare un killer professionista prossimo alla pensione: Leslie. I due siglano un contratto bizzarro, secondo cui William ha una settimana di vita da spendere al meglio, dopodiché verrà ucciso. Inaspettatamente, però, la vita del giovane migliora: nel giro di sette giorni trova un editore, si fidanza con la ragazza dei suoi sogni e non ha alcuna intenzione di farla finita. Ma l’accordo firmato non è più rescindibile. Quindi, William dovrà sfuggire al killer che lui stesso ha assunto. Il regista Tom Edmunds dirige un film che è un po' black comedy, un po' commedia degli equivoci. In Morto tra una settimana (o ti ridiamo i soldi) la morte è vissuta da un altro punto di vista, non come evento accidentale e ineluttabile, ma come scelta consapevole compiuta nel pieno della vita. Una sorta di eutanasia contro la sfortuna: per evitare di continuare ad accumulare dispiaceri, si sceglie di farla finita. C’è qualcuno che sarebbe disposto a farlo? Tom Edmunds spinge al massimo l’assurdità dissacrante di questa congettura, plasmando la figura di William, giovane scrittore, squattrinato e disilluso. Siccome il confine tra dramma e comicità è veramente labile, il giovane, ogni volta che prova ad applicarsi per porre fine ai suoi giorni, fallisce goffamente istaurando una sorta di giochino sadico col suo destino. Tale condizione viene alleggerita dalla figura di Leslie: killer professionista prossimo al pensionamento, un assassino con l’ansia da prestazione e la noia della routine. I due si incontrano, in un vortice di umorismo alimentato da gag e irrazionalità: entrambi i personaggi cercano una dimensione, ma con differenti prospettive. Ciò che guida la narrativa è il tema del rispecchiamento e l’intercambiabilità fra Leslie e William: così diversi, da sembrare speculari. Due visioni opposte che potrebbero collimare da un momento all’altro. Morto tra una settimana (o ti ridiamo i soldi), per gli ossimori che propone, ricorda un po' un film dei Coen: un’opera basata sul concetto di "fine" diventa una storia sul potere affermativo della vita. Si gioca sull’idea del “soddisfatti o rimborsati”, riproponendola in un contesto dove è impossibile fare qualsiasi negoziazione. Con garbo e ilarità, si affronta l'Aldilà e il mondo vissuto scatenando siparietti impensabili. Come insegna l’umorismo inglese, da cui il regista trae ispirazione. E, infatti, Morto tra una settimana (o ti ridiamo i soldi) è stato girato in cinque settimane nel sud di Londra, fra Balham e Wimbledon.