Nanni Moretti con il suo nuovo film realizza un documentario teso e commovente sui giorni drammatici del golpe in Cile dell’11 settembre 1973. Presentato come evento di chiusura del 36° Torino Film Festival, Santiago, Italia si apre con una bella inquadratura di spalle del regista, intento a osservare la sterminata estensione della capitale cilena con, sullo sfondo, il naturale spettacolo della catena andina innevata. Comparirà un’unica altra volta verso la metà del film quando, intervistando un militare golpista in carcere, tutt’ora convinto della legittimità del colpo di stato, alla sua richiesta di imparzialità, Moretti dichiara espressamente «Io non sono imparziale». Chiarendo, se mai ce ne fosse stato bisogno, la natura profondamente politica del suo lavoro. Realizzato assemblando in maniera incalzante immagini di repertorio e interviste a vari personaggi, cileni e italiani, testimoni in prima persona di quei giorni, Moretti fa rivivere, nella prima parte del film, il clima festante e gioioso che accompagnò i giorni della vittoria delle sinistre unite e della nascita del Governo di Salvador Allende. Si percepisce, sia dalle testimonianze, sia dai filmati dell’epoca, la profonda speranza di riscatto che stava crescendo in Cile fra i ceti più umili negli anni della presidenza Allende. Il quale, pur fra mille difficoltà, con avversi gli Stati Uniti che non tolleravano la nascita di un governo di stampo socialista, in quello che consideravano come «il loro cortile di casa», varò un processo di nazionalizzazione della grande industria, delle miniere di rame e della terra, ponendo i presupposti per un cambiamento reale delle condizioni di vita delle classi più povere. Per la prima volta nella storia del Paese si poteva toccare con mano «la possibilità di venir fuori dal sottosviluppo, di risolvere le spaventose ingiustizie che si vedevano», come afferma l’artigiano Arturo Acosta in una delle interviste raccolte da Moretti. Il quale è abile a far emergere il grande entusiasmo di quel momento irripetibile e, contestualmente, le diverse visioni sul modo di procedere. Fra chi diceva «avanzar sin transitar», cioè colpire il ferro finché è caldo; e coloro che, più prudentemente, affermavano che sarebbe stato più opportuno andarci cauti per non spaventare troppo la borghesia. Purtroppo, come evidenziato in un’altra intervistata, ci fu, da parte dei giornali della destra, una campagna aggressiva e incontrastata per la assenza quasi totale di mezzi di comunicazione della sinistra che diede un’immagine di malgoverno, inculcando tale messaggio nella testa della gente. Con un percorso lineare, Nanni Moretti passa da quel periodo di grande fervore ai tragici avvenimenti del 1973 che portarono al golpe del generale Pinochet, appoggiato dagli Stati Uniti. Vediamo i filmati relativi ai bombardamenti della Moneda, sede del governo e, udiamo l’audio dell’ultimo, drammatico comunicato di Salvador Allende barricato all’interno del palazzo e intenzionato a non arrendersi, a costo della vita. Varie testimonianze di persone incarcerate e torturate consentono di ripercorrere i giorni e i mesi successivi al golpe. Il regista Patricio Guzman, anch’egli incarcerato, evidenzia ad esempio come la cosa più impressionante fu vedere, dall’oggi al domani «la fine di tutta una vita democratica che si trasformava, improvvisamente, in dittatura. Un Paese che era sempre stato libero si trasformò di colpo in un Paese atroce». È toccante vedere gli occhi di alcuni intervistati riempirsi di lacrime: sono trascorsi quarantacinque anni da quando il sogno di Allende venne bruscamente interrotto, eppure quei ricordi fanno ancora male in chi, quei momenti, li ha vissuti in prima persona. E Moretti filma tutto, con pudore ma con la consapevolezza di quanto sia importante non far scendere l’oblio sui quei fatti che hanno condizionato pesantemente la vita del Cile. Tutta la seconda parte del film svela l’importante opera di solidarietà dell’Italia, che attraverso la propria ambasciata a Santiago, accolse centinaia di profughi che lì trovarono rifugio garantendogli, infine, un volo per il nostro Paese. È proprio questo il punto chiave di tutto il film. Nanni Moretti mette in connessione quanto avvenne allora, la solidarietà manifestata dallo stato italiano attraverso i propri funzionari e quella che trovarono i cileni giunti in Italia, con gli accadimenti di oggi. Ed è un confronto impietoso, come testimoniano le parole dell’imprenditore Erik Merino, esule cileno in Italia: «Sono arrivato come esule in un Paese che era molto simile a quello che sognava Allende in quel momento lì. Oggi viaggio per l’Italia e vedo che l’Italia assomiglia sempre di più al Cile, nelle cose peggiori del Cile». Un’Italia che ha perso il senso di solidarietà e dove ha trionfato l’individualismo. Moretti, con Santiago, Italia ci dice tutto questo e lo fa senza mezzi giri di parole, da persona per nulla imparziale. E ci fa intendere che, se ieri l’Italia era a Santiago, con la sua opera umanitaria svolta da alcuni illuminati funzionari, oggi Santiago, quella tremenda di Pinochet e dei suoi militari, è approdata qui da noi.