Tony è un padre eccentrico e libertino, che ha trascurato spesso la sua famiglia, lasciandola però nello sfarzo e nell’agiatezza. Carlo, invece, è un vedovo con una famiglia allargata fatta di figli, qualche nipote e una nuora; è sempre vissuto a Roma, facendo il pescatore: un tipo verace e schietto. Questi due poli, apparentemente opposti, finiscono per incontrarsi e innamorarsi. Al punto da convolare a giuste nozze. Ma la notizia del matrimonio imminente sconvolgerà le rispettive famiglie che dovranno conoscersi in un’estate assolata. Croce e delizia è l’ultimo film di Simone Godano che, ormai, si diverte a sconvolgere e sparigliare le carte in ambito familiare: dopo Moglie e marito, in cui i ruoli venivano ribaltati per uno strano scherzo del destino, stavolta il tema è l’omosessualità. Tema apparentemente sdoganato, eppure il nostro cinema fa sempre fatica a sviscerarlo con pienezza: ci ha provato Maria Sole Tognazzi nel 2015 con Io e lei, per raccontare, in quel caso, però, un amore tutto al femminile. Quattro anni più tardi, il posto di Margherita Buy e Sabrina Ferilli lo prendono Alessandro Gassmann e Fabrizio Bentivoglio. Croce e delizia racconta il tema delle unioni civili, anche se il film è una vera e propria vicenda amorosa nella sua interezza, senza alcuna distinzione. Perché se è vero che l’amore fra due uomini non dovrebbe ormai creare scompiglio, Godano ci dimostra il contrario facendo innamorare due personalità così diverse da portarsi dietro altrettanti bagagli emotivi e pregiudizi che vengono spiattellati con sagacia e insolenza. Si parla di famiglia, ma anche di omofobia: non tutti vogliono o possono accettare il cambiamento, e Godano prova a spiegare scena dopo scena come l’odio e l’intolleranza verso differenti forme d’amore derivi da timori e mancanze delle singole personalità che compongono un gruppo sociale. Croce e delizia mette a nudo le debolezze di ogni protagonista, che porta con sé un vissuto diverso. Nel girato si evince che la paura di una possibile unione civile non è altro che frutto dell’incertezza nel dover ricostruire determinati meccanismi che non sempre sono stati attuati al meglio: la famiglia resta tale, al di là del genere sessuale di cui è composta, solo se è unita. Poco importa se a farne parte sono due uomini, due donne, oppure un uomo ed una donna. Ciò che conta è dare amore, quello che manca inizialmente a Carlo e Tony: due singolarità – protagonisti della vicenda – beffate dalla vita in grado di ritrovarsi solamente dopo essersi incontrati ed amati. Godano argina sapientemente luoghi comuni e pregiudizi dietro gag e siparietti basati su una dicotomia dialettica: da una parte una famiglia bonaria e semplice, che risolve tutto con la battuta e il sorriso, pur non concependo inizialmente la presa di posizione del padre; dall’altra un nucleo di persone, apparentemente altolocate e colte, che sono cresciute nel bigottismo celato da sfrenata tolleranza. Questo mix di anime e caratteri si rivela adeguato a far emergere le questioni che, ancora oggi, circondano le unioni civili e le famiglie 2.0. La semplicità sembra essere per Godano il miglior veicolo dell’amore: non è rilevante di che natura sia un sentimento, basta che sia sincero per superare incomprensioni e avversità.