Adriano Doria (Riccardo Scamarcio), insieme alla penalista Virginia Ferrara (Maria Paiato), deve costruire in meno di 3 ore una difesa convincente per l'accusa dell'omicidio della sua amante, Laura (Miriam Leone), trovata deceduta in una camera dell'albergo insieme al giovane imprenditore. L'emergere di un testimone chiave, senza identità, mette a dura prova l'accusato, che ora deve dire tutta la verità sui fatti accaduti. Il testimone invisibile vuole essere una pellicola che riprende i grandi polizieschi di Hollywood, con trame ingarbugliate e intrecci di storie. Adriano Doria è il maggior indiziato di due omicidi: quello dell'amante Laura e quello di un ragazzo (Gerardo de Blasio), trovato morto in un lago tra le alpi del Trentino. Durante l'interrogatorio che il protagonista subisce, le strade che vengono tracciate sono molteplici e mettono a dura prova lo spettatore, rendendolo anche fin troppo confuso di quello che sta accadendo. Durante un weekend in Trentino, Doria e la sua amante - per evitare un cervo - si scontrano con una macchina. Il ragazzo alla guida della macchina muore sul colpo. Adriano vuole chiamare la polizia, ma Laura lo convince di sbarazzarsi del corpo e farla franca. O è andata al contrario? Sarà stato Adriano, con una grande azienda sulle spalle, a non voler “sporcarsi le mani” e chiamare la polizia? E chi ha ucciso Laura in una camera d'albergo senza vie di fuga? Come ha fatto ad entrare l'assassino? Solo Adriano lo sa. E per Virginia Ferrara sarà un duro lavoro estorcergli la verità, anche barando in qualche caso. Lo stile di regia di Stefano Mordini e la fotografia di Luigi Martinucci hanno tutta l'intenzione di evocare Christopher Nolan e trasformare Milano in una New York contemporanea, ambientando la storia nel nuovissimo quartiere del Bosco Verticale. Nonostante l'impegno, Il testimone invisibile non è in grado di reggere il confronto con i film a cui vorrebbe rifarsi. In primis, la recitazione continua a esser da soap opera: ingessata e enfatica, non trasmette la giusta empatia. Uno spettatore attento riesce a capire fin da subito la vera versione dei fatti, nonostante la dichiarazione d'intenti sia confonderlo e fargli perdere la pista originaria. v evoca il grande film americano (I Soliti Sospetti), ma trattando temi che riguardano l'Italia attuale; come le stragi sulle strade o la giustizia fai-da-te delle famiglie delle vittime. Ma qui i familiari (Fabrizio Bentivoglio) diventano quasi dei supereroi, con ragioni epiche, e risultano troppo tirati. Il grande colpo di scena finale ci fa capire l'improbabilità della pellicola e contribuisce a fare perdere al film quel poco di empatia nei confronti dei personaggi chiave.