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Colette

03/12/2018 11:00

Marcello Perucca

Recensione Film,

Colette

Keira Knightley interpreta Colette, una donna che ha fatto della trasgressione uno stile di vita

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Sidonie Gabrielle Colette, in arte semplicemente Colette, nata nel 1873 e scomparsa ultraottantenne, fu scrittrice, giornalista, critico cinematografico, artista di teatro. La storia di questa donna, che fece della trasgressione il proprio stile di vita, viene narrata dal regista britannico Wash Westmoreland in un biopic che abbraccia il periodo che va dalla fine del ‘800 sino agli anni Dieci del XX secolo. Ambientato nella Parigi della Belle Epoque, il film ripercorre la vita di questo personaggio che ottenne in patria - e non solo - una fama immensa, tanto che in Francia fu la prima donna a essere insignita della Legion d’Onore e ad aver avuto i funerali di Stato.


La pellicola prende l’avvio dal momento in cui la giovane (intrerpretata da una brava Keira Knightley), che vive in un paesino della Borgogna, si innamora di Henri Gauthier-Villars, comunemente noto semplicemente come Willy, giornalista di costume e sferzante critico musicale, che divenne il suo primo marito (nel film ha il volto di Dominic West). I due si sposano e vanno ad abitare a Parigi. Qui Willy mantiene una squadra di ghost-writers che redigono articoli e scritti che verranno poi pubblicati a suo nome. Lo stesso Willy, che intuisce le doti di scrittura della moglie, e la invita a mettere sulla carta i racconti della sua vita da ragazza in campagna. Nasce così il personaggio di Claudine, che diventerà famosissimo in tutta la Francia e le cui avventure, raccolte in vari romanzi pubblicati sempre a nome di Willy, rappresenteranno, un vero e proprio caso editoriale, influenzando la moda dell’epoca e diventando un marchio utilizzato per la produzione di oggetti fra i più svariati.


Ben presto però la coppia entra in crisi a causa delle numerose avventure extraconiugali di Willy. Il film di Wetmoreland ne ripercorre le vicissitudini, dalla nascita del personaggio di Claudine, al suo esordio teatrale. Dai tradimenti di Willy, sino alle relazioni lesbiche di Colette e alle sue esperienze nel music-hall con performance che provocavano scandalo per l’elevato livello di erotismo raggiunto. Solo una volta ottenuto il divorzio, la protagonista riuscirà ad avere il giusto riconoscimento quale vera autrice dei romanzi di Claudine.


Westmoreland, autore della sceneggiatura insieme a Richard Glatze e Rebecca Lenkiewicz, è attento nel dipingere il periodo storico e l’ambiente in cui si muoveva la protagonista, così come è preciso nel tratteggiare la biografia del personaggio che potremmo definire – con un’espressione che lei avrebbe sicuramente rifiutato - proto-femminista. Anche la fotografia di Giles Nuttgens è molto nitida e rende onore ai colori e agli scenari dell’epoca. È difficile dire che il film di Westmoreland sia sbagliato. Eppure, al termine della visione, si percepisce che manca qualche cosa: manca la vera Colette, la sua carica erotica e trasgressiva, la sua capacità di scandalizzare. Manca il suo andare oltre gli schemi in una società che non vedeva di buon occhio che una donna potesse emergere come e più di un uomo. O meglio, tutto questo è presente, ma viene detto in maniera sommessa, come se al film di Wash Westmoreland fosse stata messa la sordina.


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