In concorso all'ArteKino Festival, For Some Inexplicable Reason è una commedia black che vuole parlarci del mondo dei trentenni di oggi. Una generazione in sospeso, statica e masochista per quanto riguarda le relazioni interpersonali. Aron è il classico ragazzo alla fine dei venti, che si affaccia all'età adulta. Appena laureato, ha rotto da poco con la sua fidanzata storica con la quale conviveva nel suo appartamento, ora vuoto e trasandato: questa relazione diviene la sua ossessione e, nonostante siano passati mesi dalla rottura, Aron cerca tracce di lei ovunque. La vita che Aron conduce è solitaria. Appena laureato in materie umanistiche (storia del cinema), si ritrova a dover cercare un lavoro “vero”, a dover indossare una camicia: la camicia diviene simbolo della gabbia, del lavoro facile e sicuro, delle multinazionali che avanzano e ti inglobano nei loro schemi di vita; camicia che gli viene regalata dalla madre, desiderosa di trovare un lavoro al figlio. Il rapporto coi genitori è terreno di scontro e di litigio, ma Aron si sente incompreso non solo dai genitori ma anche dagli amici di una vita. For Some Inexplicable Reason racconta la stasi e il limbo di un'età come i 29 anni, dove non si è più ventenni, ma non ancora trentenni: l'età adulta si avvicina sempre di più, ma quando non si capisce bene che cosa fare, il solo modo di uscire da questo loop è andarsene. Il viaggio all'estero di Aron avviene per sbaglio, dopo aver prenotato un volo per Lisbona - da ubriaco - la sera del suo compleanno. Aron affronta il viaggio, come la vita, senza reazioni: si fa trascinare dalla corrente, torna a fare lo stesso lavoro che faceva a Budapest, ma qui riesce a lasciarsi tutto alle spalle, con una nuova - breve – storia. E una nuova città, una nuova cultura gli permettono di ritrovarsi. Ma, alla fine, arriva anche qui “la camicia” e Aron capisce che è ora di tornare a casa. Con una regia fresca e leggera, Gabor Reisz ci regala una commedia densa di significati in cui ogni trentenne si può riconoscere. Le fasi di Aron vengono sancite da sequenze oniriche che, in maniera semplice ed efficace, ci permettono di capire le sensazioni e i cambiamenti che il protagonista attua di sé. Solo dopo il viaggio questo personaggio riuscirà a staccare la testa dalle nuvole e tornare alla realtà, mettendo i talloni per terra e riprendendosi la propria vita. Aron Ferenczik è il protagonista perfetto. Sciupato, un’inespressività voluta a rappresentare il vuoto generazionale. Altra grande protagonista è la città: Budapest, che viene indagata in tutte le sue parti e differenze. Significativa, in questo, senso la sequenza dove Aron, in attesa al telefono con una musichetta vecchio stile, attraversa la città in tutte le sue sfaccettature, dal centro storico ai nuovi grattacieli di uffici, passando per lo Szieget. Una città che sta ad aspettare un cambiamento, proprio come il protagonista.