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Modalità aereo

12/02/2019 12:00

Andrea Desideri

Recensione Film,

Modalità aereo

Il ritorno di Brizzi in sala

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Fausto Brizzi torna al cinema, dopo un periodo di stop in cui è emerso prevalentemente come sceneggiatore, e lo fa in maniera irriverente. Modalità aereo, suo dodicesimo lavoro, è ricco di riferimenti agli Stati Uniti e alla modernità, profondamente italianizzati e contestualizzati nel costume nostrano. Al centro di tutto ci sono Diego, imprenditore bello, ricco e famoso che vive di appuntamenti e scadenze coordinando ogni cosa dal suo cellulare; e Ivano, addetto alle pulizie aeroportuali. Entrambi finiranno per incontrarsi a causa di uno scambio fortuito di telefonini, dentro cui ormai ci sono le nostre intere vite. Ventiquattrore in cui l'intera esistenza di un industriale sarà nelle mani – e nei tasti – di un uomo “normale”. Nell’ultima opera di Brizzi, c’è la voglia matta di sparigliare le carte. Di tornare, in grande stile, sugli schermi proponendo un umorismo diverso che parta da qualcosa di riconoscibile... per poi infrangersi nella novità. Anche lui, come già Paolo Genovese nel 2016 con Perfetti Sconosciuti, prende in esame quello che ormai è un prolungamento di noi stessi: lo smartphone. Se, però, Genovese li utilizzava per far emergere dubbi e tradimenti amorosi, Fausto Brizzi li utilizza per favorire l’artificio dello scambio di personalità.


Negli anni Duemila, per scambiarsi le vite, si sarebbe dovuto ricorrere ai biscotti della fortuna o a chissà quale pozione magica. Oggi basta un IPhone. Infatti, ognuno di noi riversa dentro questo dispositivo gran parte della sua quotidianità senza pensare che potrebbe finire, inavvertitamente, fra le mani di chiunque. Fausto Brizzi paragona lo scambio di telefono a un brusco cambio look: così come indossare un vestito non proprio equivale a vivere un'altra vita, allo stesso modo Ivano - semplice addetto alle pulizie - si ritrova, suo malgrado, a dettare l’agenda socio politica e industriale sullo schermo touch di un telefono.


Questo, ovviamente, presta il fianco a gag strutturate e divertenti. Non fosse altro per l’azzardo che ha mostrato nel mettere sullo stesso piano Lillo, Paolo Ruffini, Violante Placido, Dino Abbrescia e Caterina Guzzanti; così diversi da risultare complementari, in un affresco di risate che alterna qualche amara riflessione sui nostri tempi.


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