L’adulterio non si improvvisa: quando viene compiuto con superficialità , diventa motivo di sofferenza. In questo contesto si inserisce Fred, giovane e brillante, che con la sua impresa S.O.S alibi aiuta i fedifraghi a sfangare le situazioni più assurde. Fornisce scuse credibili, a pagamento. La sua fonte di guadagno sono le bugie, ben architettate. Al suo fianco, l’informatico Diego – abile nella schedatura e nell’analisi dei dettagli – e l’eclettico Paolo. Una squadra al servizio del tradimento altrui: coloro che salvano le apparenze e non solo. Ogni cosa si complica quando Alberto, ruspante uomo d’affari, contatta Fred per i suoi servigi: dovrà celare una scappatella con la cantante Cinzia – aspirante rapper – a moglie e figlia. La professionalità può non bastare, quando l’amore sorprende all’improvviso. Volfango De Biasi torna al cinema col proposito di rinfrescare la commedia degli equivoci e si ispira al repertorio francese per concepire L'agenzia dei bugiardi: una vera e propria avanguardia del tradimento, in grado di salvaguardarlo a fin di bene, per evitare inutili sofferenze. Nasce così l’idea di pensare a una squadra di professionisti che interviene nei momenti più critici a salvare gli infedeli. A reggere L'agenzia dei bugiardi c'è Giampaolo Morelli, che ritrova la verve sfoggiata nella serie tv Coliandro, spalleggiato da Paolo Ruffini e Herbert Ballerina (volti noti della comicità demenziale); nel cast anche Massimo Ghini e Alessandra Mastonardi. Eppure quel che vien fuori è una commediola che parte da una buona idea, ma si esautora nella banalità . I meccanismi che portano agli equivoci sono quelli di sempre, riproposti senza la minima originalità . I protagonisti sono presunti James Bond che fanno le pulci a Cupido, con poca sorpresa e tanta apatia. Diana Del Bufalo, che potrebbe strappare più di un sorriso, viene relegata in un ruolo secondario che ne limita la simpatia. Il resto è una sequela di luoghi comuni mascherati da novità . L'agenzia dei bugiardi intende alleggerire l’umore degli spettatori scherzando con l'incoerenza coniugale e caratteriale dei singoli attori: peccato che manchi quel mordente in grado di incuriosire un pubblico per arrivare motivati alla fine del girato. Si basa tutto, troppo, sulla complicità dei diretti interessati che – in più di un’occasione – latita. Ritroviamo, per l’ennesima volta, gag di quart’ordine e doppi sensi scadenti. La comicità italiana può, e deve, far molto di più. Va bene guardare ai lavori d’Oltralpe, ma poi bisogna saperli riproporre in maniera adeguata. Magari, con un po’ più di cura nella sceneggiatura, avremmo potuto assistere a qualcosa di particolare.