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Un valzer tra gli scaffali

18/01/2019 11:00

Marcello Perucca

Recensione Film,

Un valzer tra gli scaffali

È possibile trovare la poesia fra le corsie di un magazzino di un supermercato?

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È possibile trovare della poesia fra le corsie di un magazzino di un supermercato, fra muletti, transpallet, casse di birra e pesci congelati? Sì, secondo il regista tedesco Thomas Stuber, che nel film Un valzer tra gli scaffali ci regala una delicata storia quasi d’amore fra Marion e Christian, due addetti al magazzino. Presentato al 68° Festival di Berlino, il film di questo regista (da noi semisconosciuto) è ambientato in un supermercato alla periferia di una città dell’ex Germania Est; un luogo che rende alla perfezione l’idea della difficoltà dell’esistenza quotidiana e del lavoro in ambienti apparentemente privi di anima. Ma è proprio in queste condizioni che Christian, giovane operaio che viene assunto come mulettista per il turno di notte, conosce Marion, anche lei addetta al magazzino. Fra i due nasce da subito una simpatia. Però Marion è sposata con un uomo che non ama e che la maltratta. E quando la donna si dovrà assentare per un lungo periodo dal lavoro, Christian cadrà in depressione rischiando di ricadere in quello che, verremo a scoprire, era il suo mondo precedente, fatto di amicizie sbagliate e di galera. Saranno i colleghi a cercare di alleviargli le pene, aiutandolo a uscire dalla sua malinconia. Sino a quando, un bel giorno, Marion non tornerà al lavoro, illuminando nuovamente il turno di notte del giovane che potrà così sperare di alleviare un poco la propria solitudine.


Stuber, utilizzando un linguaggio che restituisce, in alcuni momenti, echi dei film di Kaurismaki, riesce a compiere un piccolo miracolo, realizzando un’opera delicata, in cui a dominare è la malinconica tristezza di uomini come Christian, che hanno scontato gli errori di gioventù; o come Bruno, collega anziano che lo prende sotto la sua ala protettrice, costretto a rimpiangere una vita passata sulla strada alla guida di grossi camion, prima che si compisse la riunificazione fra le due Germanie.


Grazie all’ottimo lavoro di scrittura compiuto dallo stesso regista, che ha adattato per lo schermo un racconto breve di Clemens Meyer, nel film a emergere è soprattutto la grande umanità di tutti i personaggi. Il loro senso di amicizia e solidarietà che rende meno pesante un lavoro duro come quello che li aspetta ogni notte e che il loro capo annuncia mandando in filodiffusione le note di un valzer di Strauss.


Bravissimi i protagonisti, Franz Rogowski nella parte di Christian e Sandra Hüller in quella di Marion in primis. Ma non solo: tutti quanti sono così veri nel dare corpo e volti a questi lavoratori che, fra le tante disillusioni della vita, riescono ancora a trovare brandelli di felicità e senso di comunità fra le corsie di un supermercato e, magari, a sentire il rumore del mare nel fruscio del carrello elevatore che piano piano si abbassa col suo pesante carico di bancali.


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