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Zombie contro zombie

11/01/2019 11:00

Maurizio Encari

Recensione Film,

Zombie contro zombie

Dal Giappone un folle zombie-movie metacinematografico

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Il regista Higurashi si trova con la sua troupe in un vecchio magazzino abbandonato per girare un film di zombie, commissionatogli da un'emittente locale. Sull'isolata location aleggia una macabra leggenda urbana: sarebbe stata infatti utilizzata dall'esercito giapponese per condurre esperimenti su cavie umane, con l'intento di riportare in vita i caduti. Dopo il quarantaduesimo ciak di una scena, finita la quale il cineasta ha bruscamente ripreso l'attrice protagonista accusandola di non trasmettere il genuino sentimento di terrore, il cast si prende una pausa. Un membro della crew si reca al di fuori della struttura e viene assalito da un vero morto vivente; la truccatrice e i due interpreti principali si ritrovano spaesati quando vedono un braccio umano essere lanciato verso di loro. Pensano inizialmente a uno scherzo, ma alla vista del reale zombie dovranno escogitarle tutte per tentare la fuga e cercare di sopravvivere mentre i non-morti cominciano a moltiplicarsi, con Higurashi che spunta nel bel mezzo delle situazioni più pericolose armato della sua fedele videocamera, convinto di girare l'opera più incredibile della sua carriera.


Un vero e proprio "caso" del cinema horror, e non solo, degli ultimi anni: dopo la vittoria del premio del pubblico all'ultima edizione del Far East Film Festival di Udine, Zombie contro zombie ha ottenuto ampio riscontro anche nel natio Giappone, arrivando a incassare ai botteghini nazionali la cifra di 800 milioni di yen, astronomica se paragonata ai soli 3 di budget (l'equivalente di 27mila dollari). Un successo ampiamente meritato non tanto per la spartana messa in scena ma per l'idea di cinema che si cela dietro quest'operazione folle e originale, capace di ribaltare le carte in tavola allo scoccare della mezzora e rotti di visione (circa un terzo della durata complessiva). Dopo un magistrale piano sequenza di trantasette minuti, nel quale accadono eventi sempre più bizzarri e solo apparentemente voluti, ha luogo un vero e proprio cliffhanger che rivoluziona tutto quanto visto in precedenza e riconsegna l'insieme ad un ideale metacinematografico che lascia sorpresi e stupefatti in più occasioni. Un film nel film nel film, e si poteva sulla carta continuare all'infinito, dove l'eterogeneo e improvvisato cast di non professionisti, ognuno nei panni di se stesso, si adopera d'ingegno nel gestire i problemi dell'ultimo minuto, trascinando lo spettatore nei passaggi chiave della realizzazione di un prodotto di finzione in maniera naturale e coesa, capace di provocare risate intelligenti e plausi di bravura alla mente che ha partorito il tutto.


Sangue finto a go-go, camera barcollante (con tanto di macchie emoglobiniche inaspettatamente pulite dall'operatore), effetti artigianali, e di make-up, di qualità amatoriale e una recitazione casuale e al contempo orchestrata al millimetro caratterizzano una visione che si reinventa continuamente. Lo stile adottato è, per buona parte, da finto found-footage; si assiste a una sorta di loop dalle diverse prospettive, con nuove consapevolezze: un viaggio cinefilo nelle riprese, che cattura e coinvolge per la marcata ironia sopra le righe e per l'impegno profuso dai membri della troupe, ognuno portato a vestire una sorta di doppio ruolo, che si rivelerà fondamentale nelle scene clou, epilogo (vero e fittizio) in primis. Zombie contro zombie si pone così sia come una sorta di glorificazione dell'arte dell'arrangiarsi con cui devono spesso fare i conti le realtà a basso budget, sia un sano intrattenimento, simultaneamente di genere e divulgativo, per gli occhi dello spettatore poco avvezzo a tali dinamiche.


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