Voglio mangiare il tuo pancreas è spiazzante tanto quanto il suo titolo: a sentirlo, ci si prepara a uno splatter. E invece il regista Shin'ichirô Ushijima propone un dramma adolescenziale che vira verso il romanticismo. L'espressione che dà il titolo al film fa riferimento a una leggenda secondo cui si può guarire un organo vitale mangiando l’analogo della persona amata: ed è quello che vorrebbe fare Haruki per salvare la sua giovane amica Sakura, ragazza gravemente malata; quando i due passeranno alcuni giorni insieme, verranno fuori sentimenti assopiti che rafforzeranno i rispettivi concetti d’amore e amicizia prima del drammatico e ineluttabile evento. Un cartone animato per adulti, un Anime di quelli che conquistano anche gli occidentali. Ushijima si ispira al pluripremiato bestseller giapponese di Yuru Sumino Let me eat your pancreas, in cui si affronta l’amore e l’amicizia giovanile con uno sguardo al dramma e all’imprevedibilità della morte. Un film inesorabilmente crudo ed emozionante, capace di toccare le corde giuste conservando un’adeguata delicatezza: sia per il contesto etico e morale entro cui ci si muove, sia per la raffinatezza dei disegni animati che contraddistinguono la narrazione e la natura dei protagonisti. Restando in tema di natura, c’è un forte rimando a piante e animali come nelle leggende più profonde: basti pensare che i nomi scelti per i protagonisti non sono affatto casuali; Sakura vuol dire «ciliegio» e Haruki «primaverile», entrambi sono il prodotto di un’unione orchestrata che guarda alla complementarietà degli elementi (equivalenti alla fine e l’inizio vitale) che paiono incrociarsi esclusivamente per qualche momento. La figura del ciliegio è preponderante in Oriente: simboleggia, in maniera equipotente, la caduta e la rinascita. L’operazione di Ushijima rielabora uno dei più grandi misteri della vita in chiave anime, esaltando linguaggi moderni e profondi, per riflettere su questioni eterne e vincolanti come il fine vita.