Nastro d’Argento 2019 per la Miglior Commedia, Bangla è il film rivelazione di quest’anno. E una rivelazione è anche Phaim Bhuiyan, che con quest’opera esordisce al lungometraggio nel triplo ruolo di attore, regista e sceneggiatore (insieme a Vanessa Picciarelli). Bangla è una sorpresa non solo per il talento comico del suo autore, dotato di un umorismo adorabile, mai demenziale o pecoreccio (alla faccia di chi spara a zero sulle ultime generazioni), ma anche per la presenza di un punto di vista lucido e cristallino. Classe 1995, Phaim Bhuiyan ha dà dire la sua su molte cose: religione, politica, società e cinema anche. Qualcuno lo ha paragonato al primo Nanni Moretti, altri a un giovane Woody Allen: tutti questi paragoni non sono sbagliati, ma la realtà è che Phaim Bhuiyan non somiglia a nessuno perché ciò che ha fatto è nuovo sia per il cinema italiano che per la società , che sarà meglio si abitui presto alla voce dei suoi autori di seconda generazione. Phaim è un ragazzo di famiglia bengalese, nato a Roma in quel di Tor Pignattara. La sua vita scorre quieta tra gli amici, la band in cui suona, le lezioni alla moschea e il lavoro da sorvegliante in un museo. Fino a quando una sera conosce Asia, una coetanea italiana, e se ne innamora ricambiato: la relazione tra i due, però, metterà in crisi Phaim. Diviso tra le proprie origini, le regole familiari, i precetti della religione islamica (tra cui l’astinenza) e i più comuni drammi da ventiduenne… dovrà imparare a stare al mondo. Phaim Bhuiyan aveva una cosa da dire e l’ha detta: cosa vuol dire oggi essere giovane, bengalese, italiano, islamico e innamorato nella periferia di Roma. Vuol dire tante cose, che Bangla dimostra si possono raccontare anche senza troppi drammi. E, invece di sottolineare le differenze tra Asia e Phaim, tra i due protagonisti e qualsiasi coppia di innamorati nel mondo, Bangla sceglie di lavorare per assonanze. Assonanze tra il futuro incerto che attende qualsiasi ventiduenne come attende il giovane Phaim, indeciso su cosa fare da grande, sull’accettare le regole della propria famiglia o se ritagliarsene di proprie. Assonanze tra la moderna famiglia allargata di Asia e il tradizionalissimo nucleo di Phaim, in entrambi i casi soffocanti e incapaci di ascoltare. E poi c’è Tor Pignattara, divertente e complicata come se la raccontasse Spike Lee, colorata di murales, di ristoranti etnici, di parchi in cui si corre e si spaccia. Bangla ha qualcosa di Io sono un autarchico, qualcosa di Io e Annie, qualcosa di The Big Sick. Tutto vero, anche se l’autore dichiara di essersi ispirato alla comicità di Harry ti presento Sally e al protagonista stralunato di Patterson. Sono così i ventenni: tu gli dici che ti ricordano Nanni Moretti e loro ti rispondono che preferiscono Jim Jarmusch. Non vogliono essere politici, non vogliono avere idee... eppure basta dare loro un’occasione e tirano fuori dal cilindro un universo di luoghi, storie e eroi comici degni del miglior cinema possibile.