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Dove bisogna stare

22/01/2019 11:00

Emanuela Di Matteo

Recensione Film,

Dove bisogna stare

Se il male è nascosto nella banalità, il bene lo è talvolta nella semplicità

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Ci sono diversi modi per interpretare e guardare la realtà. Uno è quello filtrato dalla propaganda, che ha lavorato per anni, mostrandoci un paese assalito da orde di migranti, per lo più criminali, parassiti della società, favoriti e privilegiati. Parole di odio, fatti di cronaca, reali o supposti che si sono infiltrati tenacemente nel tessuto sociale italiano, creando un muro di diffidenza e ostilità nei confronti dello straniero, dell’immigrato. L'altro è quello dell'informazione, di documentari come Dove bisogna stare di Daniele Gaglianone (che con Rata neće biti - La guerra non ci sarà ha vinto il premio speciale della giuria al Torino Film Festival e il David di Donatello come miglior documentario) e Stefano Collizzolli. Il film decide di raccontare le storie di quattro donne, molto diverse fra loro, per età e formazione: quello che le accomuna è soltanto la scelta di voler essere di aiuto e di guardare la realtà per quella che è, di fatto.


La macchina da presa si sofferma su persone che dormono per terra al freddo, prive di tutto, o al contrario, sulla loro assenza dopo uno sgombero; uomini che attraversano confini innevati, arrivando al punto di lesionarsi gravemente e forse irrimediabilmente i piedi. I registi ci mostrano i dettagli di corpi piagati e di colloqui infiniti per la ricerca di una casa. Ma anche i sorrisi e le speranze dei migranti. Giorgia, ventiseienne di Como, stava andando a comprare un paio di scarpe: si ritrova di fronte alla stazione un accampamento di migranti, si ferma ad aiutare e non se ne va più. Lorena invece, vive a Pordenone, dopo aver lavorato al centro di adozioni della ASL: potrebbe trascorrere gli anni della pensione facendo viaggi col marito, come tanti suoi amici, invece compie una scelta diversa, o meglio, sceglie di continuare ad avere cura degli altri. Elena lavora a in alta val di Susa, ed è figlia di quella valle e della sua cultura. Come per molte altre persone, per lei occuparsi del nuovo fronte aperto a Bardonecchia è quasi fisiologico.


Jessica è una ragazza di appena ventidue di Cosenza, pratica ed energica, e cerca un riparo a chi dorme per la strada, un palazzo occupato dove vive lei stessa.


Il lavoro di queste donne è straordinario proprio perché è normale: ognuna fa quello che può. Si sono trovate lì, ed hanno pensato che fosse naturale rimanere. Non c’è un’ideologia politica dietro, un interesse personale, se non quello di fare la cosa giusta, che è anche la più naturale. Dove bisogna stare non costruisce teorie e non manipola lo sguardo, ci fa vedere qualcosa di così comune da risultare persino noioso: se il male è nascosto nella banalità, il bene lo è talvolta nella semplicità.


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