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La vita in un attimo

12/02/2019 12:00

Aurora Tamigio

Recensione Film,

La vita in un attimo

Se La vita in un attimo si fosse concluso dopo mezz'ora, sarebbe stato uno dei film migliori dell'anno

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Se La vita in un attimo fosse stato un mediometraggio di poco più di mezz’ora, se la vicenda si fosse conclusa con quello che invece (purtroppo) è solo il primo atto... sarebbe stato uno dei film più belli di questi ultimi anni. Neanche nel suo capolavoro, la serie This is Us, Dan Fogelman aveva realizzato qualcosa di così ben riuscito. Anche perché il tema di La vita in un attimo, reso molto più esplicito nel titolo originale Life Itself, è quello su cui Fogelman ha dimostrato di costruire la sua intera produzione di autore. Ognuno di noi, al momento di narrare una storia, finisce per mentire agli altri e a se stesso. E se ogni racconto - reale o di fantasia - è una bugia, allora è la vita stessa a essere l’unico vero narratore attendibile. Tra intrecci imprevedibili, flashback e incontri impossibili, Fogelman costruisce una storia a incastro, un po’ in stile Babel, per raccontare la vicenda di una famiglia tra Stati Uniti e Spagna.


La vita in un attimo poteva essere un film estremamente originale, ben scritto (la vivacità dei dialoghi nella prima parte compete con le commedie di Nora Ephron) e perfettamente coerente con il resto della produzione del suo autore. Ma Dan Fogelman, che chi ha visto This is Us sa bene quanto ami abbracciare i propri personaggi, stringerli al petto come figli, finisce stavolta di stritolarli in una morsa: a sfuggirgli dalle mani non è solo l’intera storia, ma anche l'attenzione del pubblico.


Come è potuto succedere che quello che doveva essere un ottimo indie, sentimentale e sincero, d’un colpo sia diventato un polpettone melenso? Cosa ha spinto Fogelman ad abbandonare Will, Abby e Dylan (il suo “monologo mentale” di bambina è una vera meraviglia) per spostare a un certo punto l’azione in Spagna, nell’assurdo melodramma di una famiglia andalusa, tra triangoli amorosi, malattia, traumi e sogni infranti? Mistero.


Seguire l’intreccio di personaggi è quasi impossibile, come del resto sopportare la soap opera ispanica che occupa la seconda metà del film e rassegnarsi all’epilogo, scarno e superficiale come uno spot televisivo. La vita in un attimo fa arrabbiare: fa arrabbiare perché il Time lo ha definito il peggior film del 2018 e invece poteva davvero essere uno dei migliori. Perché Oscar Isaac, attore incredibile, viene liquidato dopo mezz’ora; perché Olivia Wilde fa poco più del suo dovere ma è comunque migliore della lacrimosa Laia Costa; perché c’è Antonio Banderas che, ormai, interpreta solo e sempre Antonio Banderas. E fa arrabbiare perché un film così arriva da Dan Fogelman, uno che lo sa davvero come si racconta la vita. Che peccato.


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