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L'uomo fedele

25/03/2019 11:00

Marcello Perucca

Recensione Film,

L'uomo fedele

Una commedia briosa che ricorda il cinema di Truffaut

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Abel e Marianne convivono: ma una mattina Marianne confessa ad Abel di essere incinta e che il bambino è di Paul, amico di Abel sin dai tempi dell’università. Marianne comunica anche all’incredulo compagno che di lì a una decina di giorni lei e Paul si sposeranno. La mattina dopo Abel, in lacrime e con le valigie in mano, lascia la casa. Questo è il folgorante incipit di L'uomo fedele, seconda fatica da regista di Louis Garrel, che qui è anche attore nella parte di Abel (mentre Marianne è interpretata da Laetitia Casta, sua compagna nella vita). Subito dopo, con un'ellissi temporale, il film ci proietta nove anni più tardi quando Abel apprende dell’improvvisa morte di Paul. Al funerale rivedrà, per la prima volta dopo la separazione, la ex fidanzata con il figlio Joseph (Joseph Angel) e Eve (Lily-Rose Depp), la sorella di Paul diventata grande. Marianne e Abel ricominceranno a frequentarsi, suscitando la gelosia di Joseph e, soprattutto, di Eve, da sempre segretamente innamorata di Abel.


L'uomo fedele è una commedia briosa che ricorda il cinema di Truffaut, arricchita da venature noir alla Hitchcock allorché Joseph, appassionato di polizieschi, insinua in Abel il sospetto che a uccidere Paul possa essere stata proprio Marianne con un veleno. La struttura dello script è quella tipica di un mènage á trois in cui l’uomo si trova stretto fra Marianne ed Eve, la quale farà di tutto per strapparlo alla sua rivale. Garrel utilizza l’escamotage delle voci fuori campo dei personaggi che esprimono tutti i loro dubbi e le loro debolezze. Alla fine Abel si troverà a dover scegliere l’amore della sua vita e per farlo dovrà uscire dallo stato di eterna giovinezza che lo ha sino ad allora contraddistinto, acquistando la consapevolezza di un legame sentimentale.


Un breve film della durata di un’ora e un quarto, in cui la bravura degli sceneggiatori – lo stesso Louis Garrel e Jean-Claude Carrière – sta nell’aver saputo condensare in così poco tempo, cogliendone l’essenziale, una vicenda umana con profonde implicazioni psicologiche. Il tutto condito da una vivacità che permette allo spettatore di divertirsi e appassionarsi alle vicende dei personaggi, tutti ottimamente interpretati, e con un omaggio al genere noir quando compaiono sullo schermo di un cinema in cui si trovano Abel, Marianne e Joseph, alcune scene de Lo strano amore di Martha Ivers di Lewis Milestone, vecchio film hollywoodiano in cui le battute riprodotte paiono adattarsi alla perfezione ai dubbi di Abel circa la presunta colpevolezza di Marianne per la morte di Paul.


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