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Pet Sematary

08/05/2019 11:00

Marco Filipazzi

Recensione Film,

Pet Sematary

Se raffrontato all’opera di King, Pet Sematary ne esce con le ossa frantumate

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I problemi di questo nuovo adattamento di Pet Sematary sono riassunti dai suoi titoli di coda, che scorrono su di una cover pop dei Ramones, uno dei gruppi simbolo del punk (un movimento basato su rabbia, anarchia e ribellione) rivisitato e addolcito per indorare la pillola. La cover degli Starcrawler è un perfetto specchio dell'intera operazione: si prende un prodotto di discreto successo, noto soprattutto a una determinata fascia di fan, si mantiene pressoché intatta la struttura (che siano la trama o le parole della canzone) ma ne si stravolge completamente la confezione (un b-movie dei tardi anni '80, una canzone punk e un po' stonata) per renderla fruibile al maggior numero di persone possibile. Questo senza tener conto del romanzo di Stephen King, un autore da cui il cinema ha attinto innumerevoli volte, ma regalandoci perlopiù adattamenti insipidi, molto lontani dallo spirito originale dell’opera. E tra questi “film salvabili” troviamo proprio Cimitero Vivente di Mary Lambert che, a trent’anni dalla sua uscita, nonostante tutti i suoi limiti, è ancora uno dei migliori adattamenti del Re di Bangor.


La storia, a parte dei dettagli (alcuni di poco conto, altri un po' meno) è pressoché identica. La famiglia Creed si trasferisce da Boston (nel libro/film era Chicago) a Ludlow, in Maine, dove le vite di tutti i membri subiscono improvvisi traumi. Quando il gatto Churchill muore, il vicino di casa dice al capofamiglia di seppellirlo in un luogo ben preciso (ma senza specificarne il motivo). La bestiola tornerà in vita, ma pervasa da un’anima malvagia.


Pet Sematary può essere visto in tre modi differenti, ognuno dei quali non necessariamente esclude l'altro, ma che in ogni caso portano alla medesima conclusione. Lo si può considerare un film a sé, un horror con una buona idea alla base e alcune sequenze suggestive (la processione dei ragazzini mascherati ad esempio), ma che non si discosta dalla media degli horror mainstream, procedendo a suon di jumpscare e riducendo lo splatter al minimo sindacale. Un film infarcito di suggestioni, ma in fin dei conti vuoto.


Se lo si vede come il remake di Cimitero Vivente, il film ne è una copia aggiornata che mantiene intatte molte dinamiche, scene e dialoghi. In alcuni punti è tanto simile che sembra che i registi (Kevin Kölsch e Dennis Widmyer (quelli di Starry Eyes, che si rivelò un caso qualche anno fa) abbiano scritto questo nuovo adattamento partendo dalla vecchia sceneggiatura. Le scene migliori funzionano proprio perché si appoggiano spudoratamente al film originale e giocano con l’aspettativa dello spettatore di “rivedere” quelle scene (una su tutte: quella del tendine d’Achille).


Infine, se raffrontato all’opera di King, Pet Sematary ne esce con le ossa frantumate, senza possibilità di resurrezione. In fin dei conti il romanzo altro non era che una lunghissima riflessione sia sulla Morte che, soprattutto, sull’elaborazione personale del lutto, a qualsiasi livello. Tutto questo discorso decade nel momento in cui il vecchio Jud fa seppellire il gatto Churchill nel terreno maledetto, senza però rivelare a Louis ciò che accadrà (dialogo presente sia nel libro che nell’adattamento dell’89). Il finale poi – che si discosta dall’originale, cercando di essere nichilista come quello aggiornato di The Mist, ma senza riuscirci altrettanto bene – manda definitivamente a monte tutto il discorso, affossando ancor più Pet Sematary in una tomba anonima. Insomma, sotto qualsiasi punto di vista lo si voglia vedere, questo adattamento è un horror moderno, che con gli horror moderni condivide tutti i difetti e i limiti. Un discreto passatempo... che si dimentica in fretta.


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