Le guerre, tutte le guerre, generano mostri che si palesano sotto forma di incubi e ricordi in chi quelle guerre le ha vissute, pagandole a caro prezzo. È ciò che accade ad Alija (Leon Lučev), minatore bosniaco musulmano, unico sopravvissuto della sua famiglia, sterminata, tanti anni prima, nella mattanza di Srebrenica, quando i miliziani serbo-bosniaci al seguito da Ratko Mladic, condannato come criminale di guerra dal Tribunale dell’Aja, compirono un vero e proprio genocidio uccidendo nel volgere di pochi giorni circa 10 mila civili, fra uomini, donne e bambini. Negli anni, numerosi corpi delle vittime sono stati rinvenuti, ma molti ancora sono dispersi: sino a quando anche l’ultimo di questi non sarà stato ritrovato, i parenti in vita non potranno trovare pace in una regione dove, nonostante tutto, le tensioni sociali fra le varie comunità sono palpabili, sebbene apparentemente sopite. Il segreto della miniera, bel film della regista Hanna Slak, slovena nata a Varsavia, narra la vicenda di Alija Basic a partire da un fatto realmente accaduto. Alija, originario di Srebrenica ma rifugiatosi in Slovenia ancora bambino per sfuggire all’eccidio, è diventato col tempo un esperto minatore. Per questo viene chiamato dal direttore della miniera per un compito all’apparenza facile: dovrà effettuare un sopralluogo presso un pozzo abbandonato da tempo per certificarne l’ormai mancanza di carbone e, di conseguenza, procedere con la dismissione ufficiale. Con l’aiuto di un giovane apprendista, Alija si recherà quindi presso la miniera abbandonata ma, abbattendo via via le pareti di pietra e mattoni costruite negli anni, porterà alla luce un agghiacciante segreto sepolto nel profondo delle gallerie e risalente ai tempi della seconda guerra mondiale. Andando contro il volere della direzione, Alija denuncerà la scoperta alla polizia in quanto la sua etica e, soprattutto, il suo dramma personale gli impediscono di tacere. Ecco allora che, di fronte alla terribile scoperta, i mostri del suo passato torneranno a fargli visita prepotentemente. L’addentrarsi sempre più avanti in quella galleria così profonda e buia sarà quindi per Alija come spingersi nei meandri oscuri della propria mente, facendo affiorare un passato doloroso e mai pienamente comprensibile a chi, quella sofferenza, non l’ha vissuta. Il segreto della miniera è un film sul passato e sul dolore che il passato può riservare per tutta la vita a chi l’ha vissuto. Ma è anche – e soprattutto – un film sulla memoria: quella personale e quella collettiva e sul dovere morale che hanno i vivi di non offuscarla, bensì di tramandarla. Alija diventa quindi testimone e strumento necessario per coltivare la memoria dell’orrore che ha vissuto in prima persona e, sotto questo punto di vista, è significativo il fatto che per tutto il film il suo nome riecheggi sospeso, rievocato da una lontana voce femminile – quella della sorella morta a Srebrenica - quasi a rammentargli la necessità e il dovere di ricordare al mondo quell’immane tragedia. La recitazione di Leon Lučev è intensa e perfetta nel trasmettere al pubblico il proprio, personale dolore che diventa dolore di una intera collettività. La fotografia di Matthias Pilz, ritraendo un paesaggio grigio, freddo, spesso piovoso, contribuisce a rendere palpabile l’angoscia personale del protagonista. Ed è significativo che solo verso la fine del film il paesaggio diventi meno cupo, allorché Alija compirà un gesto di umana pietas sotto un susino in fiore. Quello di Hanna Slak è un film commovente che si mantiene su livelli partecipativi elevati senza scadere mai nel melodrammatico, capace di affrontare temi attuali come la crisi della nostra società, sia essa di tipo economico, sia di valori morali, parlandoci del passato. Da vedere possibilmente in lingua originale per apprezzare la bravura recitativa di Leon Lučev.