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Il grande passo

27/11/2019 12:00

Marcello Perucca

Recensione Film,

Il grande passo

Il film di Padovan, in concorso al 37° Torino Film Festival

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Dal giorno in cui, bambino, Dario Cavalieri ha assistito allo sbarco sulla Luna, in quella magica notte di cinquant’anni fa, l’unico suo scopo nella vita è stato quello di volerci andare, prima o poi. E il grande momento pare essere arrivato. In una notte d’estate, da un casolare nella zona del Delta del Po, un trattore posiziona in rampa di lancio un missile verso il quale si avvia un uomo vestito da astronauta. È Dario che sta per realizzare il suo sogno. Purtroppo non tutto va per il meglio. Un incendio si sprigiona a bordo, bruciando anche la campagna circostante: Dario vede naufragare il sogno al quale, lui che ha studiato ingegneria aerospaziale, ha dedicato tutta la vita. È l’incipit de Il grande passo, film di Antonio Padovan in concorso al 37° Torino Film Festival, con Giuseppe Battiston nei panni di Dario, o come lo chiamano in maniera beffarda i compaesani, “Luna Storta” - e Stefano Fresi nella parte del fratello Mario, che vive a Roma dove gestisce, insieme alla madre, un negozio di ferramenta.


In realtà Dario e Mario sono fratelli solo per parte di padre e non si frequentano. Anzi, si sono visti una sola volta nel corso della loro vita. Però inizieranno un viaggio di scoperta in cui stabiliranno quel legame al quale avevano sempre rinunciato e dove ciascuno riceverà dall’altro qualche cosa: Dario un aiuto concreto per non finire in clinica e Mario la consapevolezza che uno dei motori propulsori della vita sono i sogni che ci spingono a voler realizzare qualcosa di grande e senza i quali sarebbe impossibile per un essere umano andare avanti.


Il grande passo è una divertente commedia fantastica, ben scritta dallo stesso Padovan insieme a Marco Pettenello, con l’azzeccata colonna sonora di Pino Donaggio e con l'ottima prova di recitazione di tutti gli attori. Infatti, oltre ai due protagonisti, sono da menzionare anche gli altri interpreti: Roberto Citran, nella parte di uno stanco e disilluso avvocato di provincia; Teco Celio, che passa la giornata a fare zapping col televisore del bar del paese; Camilla Filippi, che interpreta una giovane sognatrice - al pari di Dario - che ha impiantato una coltivazione di asparagi biologici andata perduta per via dell’incendio. Va inoltre menzionato uno splendido Flavio Bucci, che compare in un cameo nella parte del padre di Dario e Mario. Quel padre che hanno in comune ma dal quale sono stati dimenticati e che innesca anche il secondo grande tema del film: quello sulla famiglia, in cui i legami di sangue non devono essere sempre dati per scontati.


L’ambientazione del film non può non rimandare a Notte italiana del compianto Carlo Mazzacurati. La bella fotografia di Duccio Cimetti riesce a rendere in maniera perfetta l’atmosfera sonnolenta di quei luoghi, in cui la vita scorre sempre uguale e dove Dario è mal tollerato dagli abitanti che lo considerano un corpo estraneo. Un diverso che mette inquietudine e dal quale ci si deve difendere, magari con l’arma dello scherno. Perché i sognatori, coloro che non si arrendono mai, mettono - e sempre metteranno – davvero molta paura.


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