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Magari

02/12/2019 11:00

Marcello Perucca

Recensione Film,

Magari

Il film d’esordio di Ginevra Elkann, nipote di Gianni Agnelli e sorella di John e Lapo

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Viene presentato al 37° Torino Film Festival, nella sezione Festa mobile, Magari, film d’esordio di Ginevra Elkann, nipote di Gianni Agnelli e sorella di John e Lapo. Ambientato negli anni Ottanta, sul litorale laziale, Magari narra le vicende di Alma, Jean e Sebastiano (interpretati rispettivamente dai giovani Oro De Commarque, Milo Roussel e Ettore Giustiniani) , tre fratelli figli di genitori separati che vivono a Parigi con la madre e il suo nuovo marito, fervente praticante ortodosso. Vengono mandati a trascorrere le festività natalizie presso il padre Carlo (Riccardo Scamarcio), uno sceneggiatore cinematografico fallito e squattrinato, che si vede rifiutata la sceneggiatura alla quale sta lavorando. Arrivati a Roma con la promessa di trascorrere le vacanze in montagna, i tre ragazzi si vedranno dirottati in una casa di vacanze al mare, dove il padre e la sua collaboratrice – e quasi fidanzata – Benedetta (Alba Rohrwacher) dovranno riscrivere la sceneggiatura. Ben presto si renderanno conto dell’inaffidabilità di Carlo, un padre assente che vedono pochissimo e che considera il loro arrivo quasi come un intralcio al suo lavoro. Solo Benedetta, figura che non troverà mai una collocazione ben definita nei rapporti interfamiliari, riuscirà a stabilire una forma di contatto con i ragazzi.


Il film è raccontato in prima persona da Alma, la figlia più piccola di nove anni, unica dei tre fratelli a credere in un riappacificamento fra i genitori. Magari è un film che si basa sui ricordi e le esperienze personali della regista, anche lei figlia di genitori separati da quando era bambina. Vuole ragionare sul concetto di famiglia e su come, soprattutto da piccoli, si tenda a inseguire l’ideale della famiglia perfetta, che poi, nei pensieri della piccola Alma, assume il significato di tradizionale. Assistiamo quindi alle vicissitudini dei vari personaggi che tentano di superare, ognuno a suo modo, le proprie difficoltà interiori. Da questo punto di vista l’idea di partenza è sicuramente buona. Purtroppo però la sceneggiatura, scritta a quattro mani dalla Elkann insieme a Chiara Barzini, non risulta all’altezza. Non riesce mai a “entrare” nell’intimo dei personaggi, come se lo spettatore osservasse l’evolversi della storia da dietro i vetri di una finestra chiusa, senza riuscire mai a stabilire un contatto vero con i protagonisti.


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