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Lontano Lontano

04/12/2019 12:00

Marcello Perucca

Recensione Film,

Lontano Lontano

L'ultima fatica di Gianni Di Gregorio, al 37° Torino Film Festival

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È bello rivedere sul grande schermo il volto simpatico e sorridente di Ennio Fantastichini, l’attore laziale che ci ha lasciato quasi un anno fa. Accade grazie a Lontano Lontano, ultima fatica di Gianni Di Gregorio, presentato al 37° Torino Film Festival. Si tratta di una commedia ambientata a Roma nella quale Fantastichini interpreta la parte di Attilio, un ultrasessantenne che si arrangia facendo il rigattiere e il restauratore, non proprio abilissimo, di mobili antichi. Per caso incontra Giorgetto (Giorgio Colangeli), un pensionato che tira a campare con 450 euro al mese e Il Professore (interpretato dallo stesso Di Gregorio), un anziano e distinto professore di latino e greco ormai a riposo.ù


A fronte della difficoltà ad arrivare a fine mese, i tre decidono che è giunto ormai il momento di lasciare l’Italia per andare a stabilirsi all’estero, in qualche paese dove la vita risulti più alla portata della loro misera pensione. Ma dove andare? Dopo un consulto con il professore Fedelmann (un esilarante Roberto Herlitzka), considerato un grande esperto in qualunque materia, la scelta finale cadrà sulle Azzorre: a detta dell’esperto, sono un vero paradiso per i pensionati italiani. Inizia così per i tre una settimana di passione, volta a pianificare il viaggio e, soprattutto, a trovare i soldi per poterlo affrontare.


Girato con mano leggera da Gianni Di Gregorio – che ne ha curato anche la sceneggiatura insieme a Marco Pettenello - Lontano Lontano, dietro la sua apparente semplicità, affronta temi seri quali la difficoltà a vivere dignitosamente per molti pensionati, la solitudine cui spesso vanno incontro e la marginalità alla quale sono costretti da una società che li considera ormai inutili. Di Gregorio è bravo nel tratteggiare le tre figure principali del film, ciascuna con la propria personalità, che emerge nitida grazie alla bravura degli attori: più posato e riflessivo Il Professore; deluso e senza più scopi (se non quello di partire) Giorgetto; guascone ed estroverso, fiero della sua Triumph degli anni Settanta, Attilio. Azzeccati anche i personaggi di contorno, come il già citato Fedelmann o la figlia di Attilio. O, ancora, Abu, un ragazzo del Mali che vende souvenir a Castel Sant’Angelo e che ha come unico scopo quello di riuscire ad andare in Canada. Sarà proprio Abu, con la sua dignità e la riconoscenza verso i tre vecchietti che cercano di aiutarlo, che farà comprendere loro chi, veramente, è il vero viaggiatore e il più bisognoso.


Alla sua terza regia Gianni Di Gregorio, forse il più anomalo fra i registi nostrani, ci regala una ventata d’aria fresca, una pellicola piacevole che per i temi trattati, anche se di tutt’altro genere e stile, rimanda a Umberto D.. Un film che, nella sua semplicità, fa innamorare gli spettatori: all’accensione delle luci in sala, si vorrà tutti restare ancora lì con i tre amici, a mangiare angurie in un chiosco deserto da qualche parte nel mondo.


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