In concorso a Venezia 76 anche l’attesissima pellicola targata Netflix di Noah Baumbach, che porta al Lido forse il suo film più coraggioso. Stiamo parlando di Storia di un matrimonio, la straziante storia della fine di un amore che non può che lasciare qualcosa in tutti noi. Si tratta del racconto di quel passaggio, drammatico e delicato, che porta una coppia alla rottura definitiva, fino al divorzio.
Charlie (Adam Driver) è un talentuoso regista, e Nicole (Scarlett Johansson) è una giovane starlet hollywoodiana che per amore rinuncia a una carriera cinematografica e diventa la sua musa a teatro. Apparentemente il loro è un matrimonio meraviglioso, completato dalla nascita di un bambino. Ma la crisi è dietro l’angolo e scoppia non appena a Nicole viene offerto il ruolo da protagonista in una serie tv a Los Angeles. A quante cose è lecito rinunciare per amore? Chi sancisce il confine tra sacrificio e sentimento? Quando si spezza una famiglia, cosa succede a un bambino come Henry: non ha forse il diritto di essere amato da entrambi i genitori?
Baumbach si conferma un ottimo osservatore dei rapporti umani. Il regista ammette di aver vissuto sulla propria pelle il dolore per la rottura con l’ex moglie Jennifer Jason Leigh e che questa esperienza gli ha permesso di personalizzare il suo lavoro. La storia, innegabilmente, si ispira a precedenti illustri come Kramer contro Kramer. Baumbach, però, fa una scelta audace: prende due attori molto pop e li rende protagonisti di un cinema più intimo ed essenziale, improntato sul fisico dei protagonisti, con primi piani snervanti e script che alternano momenti strazianti a dialoghi surreali e ironici, come quelli tra i cinici avvocati delle controparti (i meravigliosi Laura Dern e Ray Liotta).
Il cinema di Noah Baumbach, in questo caso, con teatralità e simbolismi, è pura poesia. È fatto di tratti simmetrici, forme che si incastrano in un gioco di pesi e cromie. Il risultato è sorprendentemente televisivo. L’assenza di ampio respiro, l’indugiare su visi, mani e stanze quasi vuote rende il senso di un prodotto che può essere fruito, senza perdere smalto, anche su schermi più piccoli. Questi acquerelli sentimentali ci permettono di avere una visione estetica e pittorica di una serie di momenti dolorosi della fine di un rapporto, che restano impressi su una tela che merita riflessione più che contemplazione.
Storia di un matrimonio è una Storia con la S maiuscola. Un archetipo, la narrazione cinematografica di momenti che tutti abbiamo incontrato nella nostra di quotidianità e che ci portiamo addosso in piccole rughe d’espressione, in un ciondolo appeso al collo, negli occhi di figli di genitori separati.
Baumbach parla del passato, proiettandosi al futuro. Non ha paura di accostare poesia e pragmatismo, perché nel suo uso ragionato del tempo filmico riesce a produrre una bellissima sintesi armonica. E senza rinunciare all’acredine, mette in campo tutti i sentimenti di una famiglia si disfà , fino a soffocare i protagonisti nelle loro stesse emozioni, fino a raccontare con maestria i cocci di un matrimonio… mentre quella stessa famiglia cerca di restare unita.