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5 è il numero perfetto

06/09/2019 10:00

Valentina Pettinato

Recensione Film,

5 è il numero perfetto

Debutto a Venezia 76 per il fumettista Igort

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Debutto in concorso alle Giornate degli Autori del Festival di Venezia 2019 per il fumettista Igor Tuveri, in arte Igort, che sceglie per l'esordio dietro la macchina da presa di adattare la sua celebre graphic novel 5 è il numero perfetto. In una Napoli dark e piovosa, viviamo il dramma di Peppino Lo Cicero (Toni Servillo), ex sicario ormai in pensione. Dopo l’omicidio di suo figlio Nino, uappo anche lui di mestiere, Peppino è guidato dalla ricerca della verità e dalla sete di vendetta. Un’opera cinematografica che preserva al massimo la sua origine fumettistica. Grazie alle splendide scelte di casting, all’uso di costumi vivaci che spiccano rispetto al contesto cupo e grigio in cui si muovono gli attori, 5 è il numero perfetto colpisce quasi per la capacità di non deformare troppo l’impalcatura della graphic novel.


Il lavoro di scenografia è interessante, specie per la costruzione di una Napoli metafisica, contaminata dall’amore per il Giappone del suo regista. Il ritmo della narrazione è ricco di elementi di tensione, grazie all’alternanza tra primi piani strettissimi e campi lunghi; ralenti e spostamenti di macchina veloce. La tensione è acuita anche dalla fotografia, nei toni del grigio, e dal bellissimo gioco di luci e ombre. Tutto crea un confezionamento perfetto, impreziosito dalla voce narrante di Toni Servillo.


L’impalcatura scenica, molto ispirata a Sin City, è suddivisa in cinque capitoli, ed è encomiabile davvero la capacità di ogni attore di dar vita al proprio personaggio (nel cast anche Valeria Golino e Carlo Buccirosso). Nonostante le performance però, il film non è assolutamente corale. Trasformato nel fisico, privato dei propri capelli e con un naso dalla gobba prominente, a rubare la scena è un meraviglioso Toni Servillo, in questo assolo malinconico e criminale in cui troviamo tutti gli spettri di sentimento di un padre verso un figlio.


Per chi non ha dimestichezza con il genere, tuttavia, il film non è semplice da apprezzare: se le scenografie e i dettagli stilistici sono apprezzabili dai cultori di genere, a girare poco nel film è invece proprio l’intreccio, fino a un finale che convince pochissimo. Ma, trama a parte, la capacità attoriale e la bellissima messa in scena riescono a realizzare una sintesi possibile tra due mondi - fumetto e cinema - difficilmente conciliabili in maniera semplice, per restituirceli in un nuovo linguaggio armonico.


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