L'apice del suo Cinema è uscito recentemente anche nelle sale italiane grazie alla Tucker film. Departures ha trionfato agli Oscar 2008 come miglior film straniero, e ora anche il pubblico italiano può godere di un capolavoro profondo e toccante. Yojiro Takita è un nome poco conosciuto, e l'unica altra pellicola distribuita, direttamente in home video per il mercato italiano è stato il mediocre Ashura - La regina dei demoni. Sulla scia dell'uscita di Departures, speriamo ben presto di poter vedere anche l'interessantissimo When the last sword is drawn, datato 2003, incentrato sul nobile mondo dei samurai. Un affresco che punta più sul versante drammatico e introspettivo di queste figure leggendarie, ma che non manca di coinvolgenti scene d'azione che culminano in un eroico ed epico finale. La storia narra la fine di un'era, il passaggio tra due epoche, e l'addio alla nobile arte della spada. Come dice il titolo, quando l'ultima sarà estratta. La vicenda ha inizio nel 1899, quando il vecchio Saito (Kôichi Satô) porta in clinica il nipotino ammalato. Qui, mentre parla con il dottore in procinto di traslocare l'attività in Cina, vede una foto di Yoshimura (Kiichi Nakai), conosciuto più di trent'anni prima, nel 1863. Entrambi infatti servivano come samurai in un'elite speciale, gli shinsengumi, l'esercito di difesa dello shogunato. Il loro rapporto inizialmente non era stato dei migliori, infatti i due erano divisi dalla condizione sociale e dal passato: Sato era di nobili origini, mentre Yoshimura proveniva dal mondo contadino. Inoltre il primo era sempre pronto allo scontro, ritenendo non esistesse nessuno capace di ucciderlo, mentre il secondo arrivava ad uccidere solo per salvare la propria vita. Due caratteri forti, in eterno contrasto nella via dei samurai. Sato odiava anche il fatto che Yoshimura sembrasse morbosamente attaccato ai soldi, quando in realtà ogni suo guadagno finiva alla famiglia, abbandonata anni prima per un'incomprensione col vecchio clan. Ma i due si troveranno a lottare fianco a fianco quando le rivolte mettono a rischio la vita stessa dell'Imperatore, in un tempo in cui il valore del combattimento onorevole stava per essere cancellato dall'imminente arrivo delle armi da fuoco. When the last sword is drawn è ammantato di un sapore malinconico verso un'era storica del Giappone, fatta di onore e lealtà , che la polvere da sparo e il fuoco dei cannoni avrebbero ben presto distrutto per sempre. Il pathos massimo che ha luogo nell'eroico finale, è l'emblema più puro di questo sentimento nostalgico che traspare inesorabilmente in ogni singolo fotogramma. Non è un caso la scelta di aver reso il racconto un lunghissimo flashback, vissuto attraverso i ricordi di uno dei due protagonisti, ormai vecchio e stanco ma che ricorda con orgoglio e tristezza i giorni passati. Non è l'unico espediente narrativo a ritroso che troviamo nella pellicola, e spesso assistiamo a fatti precedenti della vita di Yoshimura, grazie ai quali il carattere di un personaggio apparentemente inspiegabile, diviso tra onore e falsa cupidigia, trova le proprie fondamenta, riservandogli un'aurea introspettiva di alto livello. Lo stesso si può dire per i rapporti umani, in cui i samurai perdono in parte quell'aria seriosa a cui siamo abituati, in favore di una personalità più informale e divertita. Questo in parte smorza l'atmosfera drammatica, che però emerge solenne e potente in alcune scene cardine, da presunti harakiri a dolorosi sacrifici, da amicizie tradite e vividi ricordi. Un dipinto aspro e doloroso, diretto con una maestria capace di dosare con piccoli tocchi i tormenti emotivi, dote che Takita trasporterà ancor più egregiamente proprio in Departures. Manca, volutamente, la costante epica dei film cui il genere appartiene, ma i pochi momenti in cui questa compare appaiono in tal modo più significativi ed intensi. Qualcuno potrà rimarcare una mancanza di ritmo, ma chi è appassionato di certe tematiche e della figura classica del samurai, non rimarrà certamente deluso, con l'unica incertezza di trovarsi di fronte a un film che invece di narrarne la gloria, ne pone un sospirato accento sul tramonto.