
Inaspettata e sorprendente, la volpe in stop motion di Wes Anderson approda sul grande schermo e travolge chiunque, grandi e piccoli. Mr. Fox è una sorta di fuoriclasse della sua specie: arguto e brillante, adrenalinico e astuto cacciatore di pollame, riesce sempre a trovare qualche espediente geniale per farla franca, diventando una leggenda per tutti i fattori della zona, che tentano invano di farle a lui, “le penne”. Di fronte all’ennesima rischiosissima missione però, la moglie, in dolce attesa, gli fa giurare di mettere la testa a posto una volta per tutte. E così rieccolo davanti ai nostri occhi, dodici anni dopo, il mitico Mr. Fox, fare colazione con frittele e sciroppo d’acero, con un figlio, capriccioso da sedare (Ash) e una ventiquattrore pronta a portarlo, come ogni giorno, alla sua grigia routine da giornalista. Ma gli occhi della furba volpe non mentono, ha qualcosa in mente, un “pensiero selvatico” che lo porta ben presto a scontrarsi con i tre più temibili fattori del circondario, protagonisti di una filastrocca creata apposta dai bambini per narrare le loro orribili gesta: Boggis, Bounce & Bean. I tre cacciatori tentano in tutti i modi di fermare il leggendario Fox, e anche lui non ci metterà molto per realizzare di aver messo nei guai l’intera comunità. Ma, come si dice, nulla riesce veramente a fermare il richiamo della natura… Tratto da un esile racconto di Roal Dahl, strutturato dallo stesso Anderson nelle vesti di sceneggiatore affiancato da Noah Baumbach, Fantastic Mr. Fox diventa metafora per gli adulti e favola per i bambini. La volpe del regista americano, difatti, da una parte ci dona un’occasione di riflessione sulle assurde dinamiche contemporanee, che ci fanno scendere a compromessi con il mondo, rinchiudendoci in una tana rassicurante e privandoci dell’ebrezza del rischio; dall’altra però non perde la sua funzione primaria, quella di film d’animazione per i più piccoli, riuscendo anche a regalare, a chi ha qualche anno in meno, un simpatico racconto senza effetti speciali e funamboliche esplosioni (i botti ci sono, ma solo pigne incendiate). Il geniale Anderson dunque non si smentisce, ritraendo con la sua tavolozza pastello (con una particolare predilezione per le tonalità del giallo, questa volta ocra, nuance più vicina alla terra della campagna), un particolare affresco della famiglia allargata, stavolta animale, nella quale è facile ritrovare un sottile fil rouge che ci accompagna all’interno della sua cinematografia: partendo dalle carte da parati dei Tenenbaum e passando per le affinità tra Mr. Fox ed il nostromo Zizzou, ci ritroviamo ai disagi adolescenziali di Rushmore e del piccolo Ash, per approdare al rapporto padre-figlio di Un treno per il Darjeeling. Tema portante, la famiglia, allargata anche agli amici, i pochi di sempre che si riflettono, biograficamente, nel cast originale: a parte un Clooney/Mr. Fox in forma smagliante e una sempreverde Meryl Streep nei panni della fascinosa moglie, Bill Murray, Owen Wilson, Jason Swartzman, Adrien Brody. Una ciurma di volti a cui l’immaginario di Anderson è sempre pronto a donare nuova vita(lità), in un capolavoro artistico e musicale (the last but not the least, la spettacolare colonna sonora), che non ci fa rimpiangere i registi d’altri tempi. Grazie, Wes.