Su Robin Hood molto si è scritto e ancor di più si è fantasticato: eppure, a seicento anni circa dalle prime ballate sul personaggio, qualcosa di originale si può ancora scrivere e narrare su questo eroe del popolo. Ne è la dimostrazione Robin e Marion, film del 1976 con protagonisti Sean Connery, Audrey Hepburn e Robert Shaw, per la regia di Richard Lester, già a suo agio nel genere “cappa e spada” grazie a due film sui Moschettieri di Dumas, e in seguito regista e produttore della saga di Superman con Reeve. Robin Hood (Sean Connery), stanco e invecchiato, torna infine dalle crociate dopo un ventennio di battaglie in Terrasanta al seguito di Riccardo Cuor di Leone (Richard Harris). Le brutture della guerra lo hanno temprato e al contempo ne hanno smussato gli angoli più gioviali: tornato finalmente in patria, trova la sua terra nelle mani di Re Giovanni (Ian Holm), mentre la sua storica nemesi, lo sceriffo di Nottingham (Robert Shaw), governa ancora i feudi in cui Robin organizzava le sue scorribande giovanili. E il ritrovo con Marion (Audrey Hepburn), dopo tanti anni, riaccenderà in lui il richiamo dell'avventura e i sentimenti umani oramai assopiti nel suo cuore dopo anni di atrocità. Robin e Marion, a differenza della maggior parte delle rappresentazioni delle vicende del famigerato ladro che “ruba ai ricchi per dare ai poveri”, più che puntare all'azione e all'epicità delle gesta, si concentra sull'interiorità dei suoi personaggi e, merito principale, ne dà una visione fresca e realistica, lontana dagli stereotipi classici. È chiaro che la decostruzione dei personaggi e della loro indole sia ricercata a tavolino per colpire lo spettatore, ma non di meno l'operazione è riuscitissima: la sceneggiatura e gli eccellenti dialoghi scavano a fondo nei protagonisti, rivelandoci ad esempio un Robin che solo dopo molti anni di patimenti – al soldo di un Re Riccardo tutt'altro che rispecchiante le virtù leonine tanto sbandierate nelle leggende – riesce a divenire un vero eroe romantico e allontanarsi dalla figura dello scavezzacollo ribelle che era in gioventù. Lo sceriffo di Nottingham, invece, non è rappresentato come un cattivo villano e subdolo, che tiranneggia i suoi sottoposti: è piuttosto un valente uomo d'armi e di cultura che ama farsi rispettare, e a sua volta rispetta il valore degli altri cavalieri, fossero anche avversari, come lo stesso Robin. Ma il film è anche, e soprattutto, una storia d'amore, un amore maturo che si rinnova dopo tanti anni e che ha il suo fulcro nell'interpretazione, solo apparentemente leggera, di una ritrovata Audrey Hepburn, il cui feeling con Connery è evidente e di grande effetto.