«'Le ultime 56 ore' vuole essere un omaggio appassionato a certo cinema italiano degli anni Settanta». Così Claudio Fragasso parla del suo ultimo lavoro, per sua stessa ammissione il film della maturità, che tira nostalgicamente in ballo il passato cinematografico del regista ma anche dello spettatore. Girato fra Lazio e Sicilia e riconosciuto come film di interesse culturale, Le ultime 56 ore mescola insieme action movie, thriller, giallo psicologico e melò con uno stile a metà strada fra cinematografico e televisivo, come del resto lo è anche il suo cast. Ma la componente più forte è quella sociale perché la pellicola è soprattutto una storia di denuncia contro i gravi danni alla salute causati dal contatto con le scorie prodotte dall’uranio impoverito, contenuto nei proiettili utilizzati dai soldati. La trama intreccia due linee narrative: da una parte le vicissitudini della famiglia Manfredi e dall’altra quelle dell’algido colonnello Gabriele Moresco (Gianmarco Tognazzi) reduce dalla guerra in Kosovo insieme ad alcuni dei suoi commilitoni, psicologicamente provati e per la maggior parte affetti da cancro. Quando il colonnello Moresco decide di portare il problema all’attenzione dell’opinione pubblica, organizza l’operazione suicida “Dodici apostoli” prendendo d’assalto un ospedale, lo stesso nel quale lavora Sara Ferri (Barbora Bobulova), moglie di un militare deceduto proprio a causa della leucemia, e nel quale si trovano la moglie e la figlia del vicequestore e negoziatore Paolo Manfedi (Luca Lionello). Scopo della missione è ottenere lo smantellamento di tutti gli armamenti in cui è usato l’uranio impoverito e la bonifica delle zone dove operano i soldati, il tutto entro cinquantasei ore. Pena: la morte degli ostaggi. Socialmente parlando, Fragasso realizza un film onorevole e del tutto rispettoso dal punto di vista tecnico, che soffre però per quanto riguarda la sceneggiatura e anche le prove recitative di alcuni attori: Bobulova sottotono, Tognazzi poco credibile, Lionello monotono, Murgia e Reggiani abbastanza insignificanti. Ciò che manca è proprio quello che il film vorrebbe maggiormente avere, ovvero l’intensità, la costruzione credibile dei personaggi, il cui dramma invece non riesce ad uscir fuori dallo schermo, rimanendo intrappolato in stereotipi talmente fissi da sfociare quasi nel caricaturale, effetto a volte accresciuto dall’abbondante utilizzo della musica. A chi volesse sostenere la tesi delle caratterizzazioni di genere, bisognerebbe rispondere che essa non sta in piedi. Dal Full metal jacket di Kubrick al The Rock di Bay, fino al cinema di serie B di Castellani e Lenzi, Fragasso infarcisce Le ultime 56 ore di citazioni, che rimangono fini a se stesse senza ottenere nessun tipo di effetto drammaturgico. Al regista e alla sceneggiatrice e autrice del soggetto Rossella Drudi va sicuramente un plauso per aver avuto il coraggio di occuparsi di una verità scomoda e a lungo tenuta sotto silenzio, ma la scelta di farlo attraverso un action movie, forse per attirare qualche spettatore in più, stride col tema trattato, il cui nucleo non sta nell’azione e in personaggi accattivanti, ma nel profondo dolore interiore.