Fa letteralmente tremare l’Italia il nuovo lavoro di Sabina Guzzanti, un vero e proprio pugno nello stomaco. Il titolo, scelto dagli utenti del blog della stessa regista, è tutto un programma: Draquila, l’Aquila e i vampiri. E a ben vedere il reportage di orrori ne contiene e non pochi. Purtroppo a differenza dei film horror, terminata la visione non ci si può consolare pensando che si tratti solo di effetti speciali e di finzione. Draquila. L’Italia che trema, (presentato fuori concorso al prossimo Festival di Cannes fra le proiezioni speciali), ma il popolo di internet lo conosce già fin troppo bene grazie al tam tam della rete. 10.063 sono gli utenti solo sul gruppo d’ascolto di Facebook e centinaia di commenti sulla pagina ufficiale della Guzzanti che tiene un filo diretto con i suoi sostenitori. Draquila è un approfondito e inquietante documentario che denuncia la strumentalizzazione di una tragedia, il terremoto dell’Aquila del 6 Aprile 2009, da parte del governo Berlusconi che proprio in quel periodo stava perdendo popolarità. Una bomba lanciata contro il premier e contro Guido Bertolaso, capo di quella Protezione Civile prossima a divenire una S.p.a. a tutti gli effetti, una sorta di braccio armato del governo utile per soddisfare i propri scopi e accaparrarsi consensi elettorali, il tutto sapientemente mascherato da operazioni di soccorso. Munita di macchina da presa, Sabina Guzzanti (alla Michael Moore per intenderci) fa giornalismo d’inchiesta recandosi direttamente sul luogo dei disastri geologici, dove scopre una realtà molto diversa da quella raccontata dall'informazione ufficiale: i cittadini aquilani sfollati sono tenuti quasi alla stregua di prigionieri da una Protezione Civile inflessibile – ma gentile – tramite normative straordinarie e temporanee sospensioni dei diritti. Del resto anche i vampiri sono rinomati per le loro buone maniere. La strategia è la stessa utilizzata per la questione dei rifiuti in Campania: basta apporre l’etichetta di Grande evento, poco importa poi che si tratti di una competizione sportiva, della visita del Papa, dei rifiuti o di un terremoto, l’importante è che tutto il denaro esca dalle tasche dei contribuenti. Intanto l’opposizione sonnecchia e davanti alla tenda del PD passano balle di fieno trasportate dal vento. E che dire poi dei sogni di gloria dell’asettica “New Town”, magari da inaugurare il giorno del compleanno del presidente, naturalmente una priorità rispetto alla ricostruzione e ristrutturazione delle case in città. D’altronde le vecchie passioni non si dimenticano, come ricorda Massimo Ciancimino figlio dell’ex sindaco mafioso di Palermo. Stavolta però invece di tendere di nuovo la mano al nostro premier e al suo galoppino, Nostro Signore lancia fulmini e saette che hanno il nome di inchieste e intercettazioni. L’ultima parte del documentario torna indietro nel tempo per accusare ancora la Protezione civile, questa volta a proposito dei controlli e dei provvedimenti che non furono presi prima di quel fatidico 6 aprile, quando la tragedia era stata annunciata sulla base delle esperienze pregresse del 1461 e del 1703. A pochi giorni dall’uscita la macabra ironia della Guzzanti ha già ferito la sensibilità di alcune cariche dell’esecutivo. Il Ministro della cultura Sandro Bondi ha declinato l’invito al Festival di Cannes perché si è detto indignato che una pellicola, così sfacciatamente di propaganda, possa prender parte ad una manifestazione del genere. Anche il Ministro del Turismo, la fulva Michela Brambilla rende nota la sua indignazione, mentre Jack Lang, ex Ministro della Cultura francese, giudica tali reazioni poco democratiche e si dispiace che lo Stato italiano non abbia un rappresentante al Festival. Intanto Sabina sentenzia «Questo paese vive di silenzi: dimenticare per risolvere, come codardi. Cancellare gli errori del passato, con una semplice formattazione della memoria. Noi siamo per la conoscenza, e non per il condono dell'intelligenza». «Viva l’Italia che resiste», cantava Francesco De Gregori nel 1979. E noi con lui.