“Chi ha ucciso Silvia Resti?” Intorno a questa domanda ruota la trama di Sono Viva, primo lungometraggio dei fratelli Dino e Filippo Gentili: un noir che si svolge tutto nel corso di una notte in una decadente villa della Tivoli anni Settanta, nel cui primo piano giace il corpo della figlia di Marco Resti (Giorgio Colangeli). Rocco (Massimo De Santis), trentenne precario e introverso con una difficile vita alle spalle ed una compagna oppressiva, viene convinto dal suo amico Gianni (Marcello Mazzarella) a vegliare sul corpo di Silvia fino all’alba in cambio di un compenso, visto che il padre non vuole sia lasciata sola. Intanto nella villa, Rocco fa una serie di incontri inattesi: quasi tutti sono familiari della defunta e ognuno di loro racconta una versione diversa del decesso. Qual è dunque il mistero che si nasconde dietro quest’apparente morte naturale? Rocco vorrebbe andar via e ritornare alla vita normale, approfondire la fugace passione con l’ambigua Stefania (Giovanna Mezzogiorno), ma lo strano legame che lo lega a Silvia lo convince a restare e ad andare fino in fondo alla faccenda. Ad essere più viva di tutti in questo film è proprio la defunta, personaggio muto e immobile ma comunque attivo. Tutti agiscono in relazione alla ragazza la cui sola visione turba e attrae contemporaneamente, come accade al protagonista che ne viene talmente conquistato da mettere completamente da parte i suoi interessi. Con il passare del tempo e il dispiegarsi della storia, Rocco si lega profondamente a quel corpo morto di giovane sacrificata per i voleri di un padre padrone, si identifica con lei e indagando sul suo passato indaga su se stesso, sentendo così alla fine il bisogno di renderle giustizia una volta per tutte. A metà strada fra la pièce teatrale e il giallo più classico, i fratelli Gentili costruiscono un film che sulla carta presenta una trama coinvolgente e personaggi ben caratterizzati, ma nella messa in scena soffre della mancanza dell’elemento basilare della tensione. I silenzi e le attese annoiano più che eccitare lo spettatore, e a poco serve l’intervento della musica. Gli stessi dialoghi affascinanti per certi versi, soprattutto quando alimentano le misteriose aperture della trama, spesso finiscono per perdersi nella prevedibilità, come accade pure per il finale. Al suo primo ruolo da protagonista De Santis risulta abbastanza convincente come personaggio in crisi, mentre il resto del cast offre una recitazione altalenante ad eccezione di Colangeli e della Mezzogiorno. La regia invece interpreta la situazione emotiva del protagonista con buoni risultati. Inizialmente il film è infatti girato con la macchina a mano che con i suoi movimenti e i suoi sobbalzi rende il disordine emotivo di Rocco; successivamente, quando egli approda nella villa, le immagini si placano, e più l’uomo compie il suo percorso più esse di immobilizzano. A questo si aggiunge la fotografia di Vittorio Omodei Zorini che rende gli scenari cupi e claustrofobici in sincronia con la storia narrata. Per essere un’opera prima che ha affrontato non poche traversie (fra tutte il finanziamento prima concesso grazie al decreto Veltroni e poi ritirato con l’insediamento di Urbani), Sono Viva raggiunge risultati discreti che ne fanno infine un noir sbiadito ma comunque godibile.