«Voi avete bisogno di Tata Matilda!» Ed eccola ripresentarsi dopo cinque anni più in forma che mai in un film molto più riuscito del primo, che non ne è però propriamente il seguito. Il fortunato personaggio tratto dalla serie di romanzi per l’infanzia di Christianna Brend ritorna sugli schermi, sceneggiato e interpretato ancora una volta da Emma Thompson e prodotto da Lindsay Doran, alla sua quinta collaborazione con l’attrice. Tata Matilda e il grande botto ricalca esattamente la struttura del primo film fin dall’inizio, ma in questa nuova avventura ad avere bisogno di lei non sono più i Brown ma i Green, famiglia di altro colore e di altra epoca. La storia è ambientata in Inghilterra durante dei non ben definiti anni Quaranta mentre imperversa quella che potrebbe essere una seconda guerra mondiale causa di forti disagi. A mancare ai bambini stavolta è la figura del padre (un evanescente Ewan Mc Gregor), partito per il fronte e successivamente disperso sul campo di battaglia. Così la signora Green (Maggie Gyllenhaal) deve mandare avanti da sola la fattoria, occuparsi dei conflitti di classe fra i suoi tre terribili figli e i due altolocati nipoti londinesi, riparare ai danni della sua datrice di lavoro, la signora Docherty (Maggie Smith), e respingere le insistenze del cognato Phil (Rhys Ifans), che vuole acquistare a tutti i costi la fattoria di famiglia. In questa disperata situazione fortunatamente spunta all’improvviso sull’uscio di casa Tata Matilda, ripugnante come sempre, con al seguito il suo bastone e un corvaccio nero con problemi di aerofagia, pronta anche stavolta a domare i pestiferi bambini che non fanno altro che azzuffarsi fra loro. Come di regola più i ragazzini apprendono i suoi insegnamenti di vita più si abbellisce il viso della tata che rimane con loro solo fino a quando ne hanno bisogno: una volta imparata la lezione possono andare avanti da soli. Fresco e brillante, Tata Matilda e il grande botto diverte continuamente il pubblico dei più piccoli e non solo, senza cali e patetismi troppo spinti. La godibilità della pellicola però, più che basarsi sulla protagonista, ricalco contemporaneo e abbastanza statico di Mary Poppins, le ruota intorno e riguarda tutti gli altri personaggi che agiscono nella storia. Il linguaggio forbito utilizzato dai nipoti della signora Green mentre sono immersi in un mare di fango ed escrementi, le due losche figure delle signorine Topsey (Sinead Matthews) e Turvey (Katy Brand) che minacciano Phil di espiantargli i reni se non salderà i suoi debiti di gioco, lo strofinatore automatico per massaggiare e rendere felici i maialini che si destreggiano in esibizioni di nuoto sincronizzato, la serafica pazzia della signora Docherty che scambia un ammasso di sterco di vacca per un cuscino, sono situazione che, oltre a conferire un ritmo incalzante al procedere della narrazione, contribuiscono alla riuscita della pellicola. Tata Matilda e il grande botto raggiunge lo scopo mancato dal predecessore: riuscire a far sorridere e sognare anche gli adulti, bisognosi, di tanto in tanto, di ritrovare un pizzico di magia nella realtà quotidiana.