“È pura violenza e stupidità. Non vedo come il pubblico che è andato a vedere incredibili blockbuster quali Il Cavaliere Oscuro e Iron Man possa vedere anche questo”. Una critica riassuntiva che recensisce efficacemente il film. L’autore di quest’opinione d’impronta negativa potrebbe far parte della corposa setta di critici che popolano il mondo cinematografico. Potrebbe. L’uso del condizionale è infatti d’obbligo. L’affermazione dell’incipit appartiene infatti a Mathieu Kassovitz. Un giornalista o un osservatore esterno? Nessuna delle due: con grosso stupore si tratta proprio del regista di Babylon A.D. Può un film etichettato negativamente anche dal proprio creatore risultare piacevole agli occhi incauti di uno spettatore? Anche a questo quesito non seguirà una risposta affermativa. Ciò a cui assisterete è in assoluto la peggiore creazione del francese, autore in passato di una meravigliosa pellicola cult intitolata L’Odio. Ed è proprio questo sentimento che suscita la sua ultima opera, disprezzata in primis dal proprio “padre”. Si tratta tuttavia di una paternità adottiva, in quanto la versione che uscirà nelle sale è in realtà il frutto di un montaggio chirurgico effettuato dalla produzione, i cui tagli e modifiche si sono moltiplicati sino a regalare a Kassovitz un prodotto finale ben distante dall’originale. In attesa del Director’s Cut, ecco un film pieno di cicatrici e ferite mai rimarginate, in cui vengono tracciati innumerevoli percorsi, ma nessuno seguito, perdendosi piuttosto in un labirinto di vacuità, la cui unica uscita è un finale tramutatosi in una grande fiera di inutilità registiche. Se in atto l’oggetto cinematografico risulta uno spreco immane di risorse umane ed economiche, in potenza tutto assume un altro tratto, regalando alla trama originale un appeal, che si volatilizza al momento della visione. Tratto dal romanzo Babylon Babies di Maurice Georges Dantec, Babylon A.D. ci catapulta in un futuro apocalittico, in cui la terra mestamente attende il proprio epilogo. Lo zoom si sposta sulle gesta non troppo eroiche del mercenario Toorop (Vin Diesel) e della sua missione apparentemente tranquilla: scortare l’enigmatica Aurora (Mélanie Thierry) da un monastero in Mongolia fino al cuore di Manhattan. La ragazza possiede misteriose capacità paranormali di preveggenza ed è portatrice di un oscuro segreto che sta per cambiare il destino dell'umanità. Sorvegliata a vista dalla sua tutrice, Suor Rebecca (Michelle Yeoh) e protetta dal suo burbero custode, la ragazza sarà protagonista di inseguimenti, astrusi dialoghi metalinguistici e un trionfo del non-sense. Le premesse e le idee scenografiche piene di buoni propositi crollano, tramutandosi in sogni di cartapesta privi di forma. Non incide, non cattura, a tratti annoia e confonde. L’eccessivo uso di una retorica incolore e la stereotipizzazione dei personaggi appesantiscono il processo narrativo, in cui le scene d’azione risultano forzate e poco amalgamate al contesto. Frutto dei tagli o di una sceneggiatura eccessivamente esile, questo non ci è lecito saperlo. Il tentativo di raggiungere con poco materiale creativo (ma molto budget) le alte vette del cinema autoriale fantascientifico si è rivelato un’impresa chimerica priva di fondamento, che non è piaciuto al pubblico (appena 22 milioni d’incasso negli USA), né alla critica e nemmeno al regista. Toorop ha una nuova missione, riportare Kassovitz nel pianeta del bel cinema.