Nel 1997, a tre anni dal successo di Speed e reduce dal successo del catastrofico Twister, Jan de Bont torna sulla sua "creatura" d'esordio, sperando di bissarne il successo di critica e pubblico. Obiettivo fallito, visto il fallimentare riscontro e il deludente (a paragone col primo episodio) incasso, che ha superato di poco i cento milioni di dollari, ben lontano dai 350 dell'originale. Merito indubbiamente di una regia poco ispirata, ma anche senza dubbio dell'assenza di Keanu Reeves, sostituito da un anonimo Jason Patric, destinato ad essere il nuovo boyfriend della invece confermatissima Sandra Bullock. Si sceglie nuovamente un villain d'eccezione, e subentra al mefistofelico personaggio di Hopper, un altrettanto abile e diabolico Willem Dafoe. Annie (Sandra Bullock) e il suo nuovo fidanzato Alex (Jason Patric), dopo un contrasto avuto perché lui le teneva nascosto il suo lavoro di poliziotto in una squadra speciale, decidono di partire per una rilassante crociera ai Caraibi, a bordo della Seabourn Legend. Ma la vacanza sarà tutto fuorché rilassante. Il passeggero John Geiger (Willem Dafoe), tecnico che in passato aveva lavorato sui computer della nave, è a bordo in cerca di una misteriosa vendetta. Toccherà proprio ad Alex e Annie cercare di sventare le mire omicide dell'attentatore, che rischiano di mettere a repentaglio la nave e la sopravvivenza dei passeggeri. Se il primo Speed, pur con qualche esagerazione, era comunque un eccentrico ed elegante mix di azione e thriller, condito da spunti comici, e sorretto da interpretazione e approfondite caratterizzazioni dei personaggi, il suo seguito lo fa rimpiangere in ogni capitolo. A cominciare dalla faccia di marmo di Patric, che mostra lo stesso sguardo dall'inizio alla fine, sia che si tratti di baciare la compagna che di impegnarsi in furibonde scene action. Manca del carisma di Reeves, ma non è l'unica grave pecca di un film caciarone, che sembra fiero nell'autocompiacersi di un'aura da blockbuster fine a se stesso. Passi un autobus scagliato a tutta velocità senza potersi fermare, che anzi trovava geniali sviluppi anche dal punto di vista introspettivo, ma osservare una gigantesca nave che continua il suo cammino all'interno di una cittadina portuale, più che coinvolgere, finisce per provocare sguardi inebetiti e risate di scoramento. La tensione latita, il tutto si sussegue senza un motivo apparente, senza nemmeno porsi delle domande e delle risposte sui protagonisti della vicenda. Altamente fallimentare sotto tutti i punti di vista, se si eccettuano almeno i discreti effetti speciali, può trovare l'unico motivo di visione nelle interpretazioni della Bullock, sempre simpatica anche se sottotono e con uno scarso feeling col nuovo compagno di set, e il classico volto ferale di Dafoe, unico che sembra, stoicamente, crederci davvero. Quando si va troppo veloce, si rischia di andare fuori strada.