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Gentlemen Broncos

16/06/2010 11:00

Valerio Ferri

Recensione Film,

Gentlemen Broncos

Se si ha avuto già il (dis)piacere di entrare in contatto con le creazioni di Jared Hess, lo shock non sarà poi così intenso; in caso contrario sarà utile una b

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Se si ha avuto già il (dis)piacere di entrare in contatto con le creazioni di Jared Hess, lo shock non sarà poi così intenso; in caso contrario sarà utile una buona dose di lucida consapevolezza, in procinto di affrontare qualcosa di tremendamente fuori dagli schemi, sopra le righe persino per un Sundance Film Festival qualsiasi. Il papà di Napoleon Dyanamite torna a due anni di distanza con un prodotto ancor più impiastricciato, una miscela esplosiva e letale di humour grottesco dalle demenziali sfumature sproporzionate a stelle e strisce. Il ciclone Hess sembra abbattersi soprattutto sulla critica, divisa tra chi lo osanna come una sorta di genio avanguardista e chi lo liquida a rango di artista infantile e pasticcione. D’altra parte, non può dirsi lo stesso per il botteghino – complice anche una scarsa distribuzione, gli incassi superano appena le centinaia di migliaia di dollari, contro i dieci milioni di budget (!) –, cartina tornasole che dimostra a chiare lettere come buona parte del pubblico (specialmente europeo) non sia ancora pronto a digerire un nonsense così alterato. Ad ogni modo, col precedente Super Nacho aveva fatto centro, eccome; dunque la consacrazione del regista americano potrebbe essere solo rimandata. Resta da capire se il suo successo fu legittimato unicamente dalla visibilità del fenomeno Jack Black.


Benjamin è un giovanissimo scrittore sci-fi alle prime armi, dunque totalmente sconosciuto al grande pubblico. Orfano di padre e con una madre stilista di moda improvvisata, l’umile ragazzo decide di partecipare finalmente ad un festival letterario per giovani promesse con la sua ultima opera, dedicata al padre. Testimonial e giurato del concorso è Ronald Chevalier, un affermato romanziere in crisi, anch'egli di science-fiction, nonché idolo di Benjamin. Dopo aver letto il romanzo del suo grande fan, Ronald ne coglie le eccellenti qualità e decide di copiarne interamente il contenuto, cambiando nomi e titolo per trasformarlo nella sua prossima opera. Il romanzo diventa subito un best seller e per Benjamin appare impossibile attestare il plagio.


Letta così sembrerebbe una trama canonica, anche se non certo avvincente ed originale. Il giovane provinciale insicuro e sognatore che riesce a risollevare se stesso e la madre dagli stenti e le prevaricazioni, è invece un mezzo per dare sfogo alla sfrenata immaginazione del regista. Si potrebbe interpretare come un rigurgito allo stato puro della fantasia di un bambino. La commistione continua tra realtà abbozzata e finzione altamente surreale, che richiama i recessi più impervi della nostra dimensione infantile, può piacere o risultare molto sgradevole. Tra gonadi amputate per risollevare le sorti di una razza aliena e raggi laser mortali che partono da procaci mammelle, se ne vedono davvero di tutti i colori. Coi dovuti distingui e i relativi preamboli, la mente potrebbe andare al Mel Brooks dei primi tempi o al Beetlejuicedi Burton, ma anche ai terribili trash nipponici degli ultimi anni. Come al solito, in questi casi, il confine tra genio e follia è molto esile, se non impercettibile. Obiettivamente alcune scelte appaiono comunque davvero incomprensibili, a cominciare dalla presenza superflua di figure poco approfondite – e l’eccentricità non può essere sempre una giustificazione. La scelta di puntare tutto sulle qualità del talentuoso Jared Hess, a scapito di un cast decisamente poco noto, si è rivelata forse un po’ troppo azzardata; basti pensare che l’interprete di spicco è senza dubbio Jennifer Coolidge, l’indimenticabile Mrs. Stifler di American Pie.


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