
Era il 1987 quando nelle sale giochi comparve per per la prima il titolo Street fighter, videogioco picchiaduro prodotto dalla Capcom con due personaggi selezionabili (Ken e Ryu) e dieci nemici da battere in un'escalation di incontri uno contro uno. Il successo fu tale che la saga proseguì con una moltitudine di altri titoli, tenendosi al passo coi tempi, uscendo dalle sale giochi ed entrando nelle case attraverso il boom delle consolle. Nel 1994, ormai consacrato a titolo di culto, Street fighter divenne uno dei primi videogiochi a essere trasposto sul grande schermo. A dirigere l'operazione venne designato Steven E. de Souza, al suo primo lavoro dietro la macchina da presa ma con un passato da sceneggiatore di film d'azione (i primi due Die hard e Commando). Uno stuolo di fan attendeva con trepidazione l'uscita del film, ma le aspettative vennero tradite da una trasposizione senz'anima, piatta, costellata da una miriade di personaggi che si susseguono in siparietti stucchevoli e battute già sentite migliaia di volte. La storia si snoda a Shadaloo, fittizia cittadina del Sud-Est Asiatico, dominata dal tirannico generale Bison (Raul Julia) che pretende 20 miliardi di dollari entro 72 ore, pena la morte di un manipolo di ostaggi. A fermarlo ci penserà il colonnello William F. Guile (Jean-Claude Van Damme), comandante delle truppe delle Nazioni Alleate, aiutato dal suo luogotenente Cammy (Kylie Minogue) e da Chun-Li Zang (Ming-Na) una giornalista in cerca di vendetta. Insomma, la solita storia di buoni contro cattivi, che dall'inizio alla fine scorre piatta come un elettrocardiogramma senza vita. I personaggi sono troppi (oltre ai citati Bison, Guile, Cammy e Chun-Li compaiono anche Ryu e Ken, Blanka, Honda, Balrog, Vega, Sagat, Zangief, Dee Jay e Dhalsim) e la sceneggiatura non riesce a focalizzarne nemmeno uno. Tutti sono mostrati in modo superficiale, didascalico, come se fossero delle caricature e il ruolo di alcuni risulta addirittura confuso (Ryu e Ken non si capisce bene perché siano lì, stesso discorso per il Dr. Dhalsim, una figura utile solo per “creare” Blanka). I cattivi sono cattivi solo perché gli è stato imposto di esserlo e il personaggio stesso di Bison è un agglomerato di cliché: ama i teschi, le ossa, è narcisista fino al midollo e ha una visione di pace e giustizia che solo uno squilibrato potrebbe condividere. Discorso diametralmente opposto per il colonnello Guile, utopico eroe senza macchia con tanto di bandiera americana tatuata sul tricipite. In più, per essere un film ispirato a un videogioco picchiaduro, i combattimenti sono davvero pochi e nessuno davvero degno di nota. L'unico merito di de Souza è il tono leggero con cui narra la vicenda, prendendosi poco sul serio e scivolando addirittura nel grottesco. Inevitabile non trattenere una risata quando Honda e Zangief combattono come due moderni Godzilla, distruggendo il plastico di una città. Le risate, però, sono l'unico effetto che questo Street fighter – Sfida finale sortisce nello spettatore; tolto qualche sbadiglio, qualsiasi altro tentativo di suscitare emozioni risulta vano (le scene sentimentali tra Guile e Blanka rasentano il ridicolo). Un film che non è piaciuto agli appassionati del videogame né alla critica, ma che ha incassato comunque 100 milioni di dollari a fronte di una spesa di 35. I risultati, per fortuna, non hanno incoraggiato un sequel.