Presentato al Festival Internazionale del cinema di Taormina, L'imbroglio nel lenzuolo è l'ultimo lungometraggio prodotto dalla Seven Dreams Productions di Maria Grazia Cuinotta in collaborazione con Rai Cinema. Ispirato al libro omonimo di Francesco Costa e diretto da Alfonso Arau, il film vuole essere un omaggio alla cinematografia, all'illusione e alla magnificenza che questa provoca negli spettatori. Il film ruota attorno al personaggio di Federico, uno studente di medicina con una passione per il cinema. Dopo l'incontro con il produttore napoletano Gennarino Pecoraro decide di dedicarvisi e di girare un film. La prima cosa da fare, su consiglio della produzione, è trovare un attrice disposta a mostrare senza inibizioni le proprie nudità sul grande schermo. Dopo una serie di provini, Federico ha una visione che cambierà il suo destino e quello della sua opera: una bellissima donna nuda che ignara di essere vista si immerge nelle acque di un fiume: Marianna diventerà così l'ignara protagonista della pellicola. Ambientato in Sicilia agli inizi del 900 e interamente parlato in siciliano il film di Arau riflette sull'impatto che il cinema provoca sugli spettatori. Nel film questo omaggio è ben visibile soprattutto nella scena nel quale un gruppo di spettatori sta per assistere ad una proiezione dei fratelli Lumiere: un treno che da lontano si avvicina sempre di più allo schermo fino a sorpassarlo. Il pubblico non aveva mai assistito a niente di simile e la reazione spontanea a tale visione è di spavento. La finzione provoca paura, ma può provocare anche altri sentimenti e modificare la realtà negli occhi di coloro che la guardano e che ancora non riescono a distinguere ciò che è vero da quello che è apparenza, che è cinema. L'imbroglio nel lenzuolo si riferisce a quel telo primordiale sul quale venivano proiettate le immagini. Su questo Francesco Costa ha basato il suo racconto: cosa può provocare la visione di una donna nuda ad un gruppo di persone che non riesce a discernere ciò che è vero e ciò che è finzione? Nonostante il film parta da una premessa interessante si perde in una narrazione molto elementare e didascalica. Le pur belle scenografie, gli ottimi costumi e la fotografia di Storaro non riescono sempre a soppiantare un ritmo narrativo tutto sommato noioso che si fa sempre più dilatato rendendo il racconto lento e monocorde. Oltre alla protagonista Maria Grazia Cucinotta (che per la prima volta compare al pubblico senza veli) nel cast troviamo anche l'ottimo caratterista napoletano Ernesto Mahieux (già visto ne L'imbalsamatore), Anna Parillaud divenuta celebre grazie al ruolo di assassina in Nikita, e Primo Reggiani, uno degli attori emergenti del panorama cinematografico italiano.