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Che fine ha fatto Osama Bin Laden?

09/07/2010 11:00

Valerio Ferri

Recensione Film,

Che fine ha fatto Osama Bin Laden?

Qualcuno lo ha definito il Micheal Moore dei poveri, altri ne esaltano le doti naïf e i contenuti accattivanti, ma il dato di fatto è che Morgan Spurlock non pa

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Qualcuno lo ha definito il Micheal Moore dei poveri, altri ne esaltano le doti naïf e i contenuti accattivanti, ma il dato di fatto è che Morgan Spurlock non passerà alla storia come meteora, dopo essere stato per anni l’uomo McDonald’s. Eravamo rimasti al 2004 col suo primo documentario Super Size Me, in cui metteva a rischio la propria salute mangiando per 30 giorni di fila nel più celebre dei fast food e mostrandone le conseguenze al mondo intero. Mettere in gioco la propria incolumità non sembra comunque spaventarlo affatto quando si tratta di informazione, ed è una costante anche della sua seconda ed ultima opera, sebbene dalle patatine e i cheeseburgers si passi al deserto e alle moschee del Medio Oriente.


Protagonista della pellicola è il regista stesso, supportato da un paio di cameramen al seguito. La moglie gli rivela di essere incinta, ma inaspettatamente Spurlock inizia subito a preoccuparsi del futuro del figlio. A terrorizzarlo maggiormente non sono però i pannolini, la criminalità o una qualsiasi catastrofe naturale, bensì l’uomo più ricercato del pianeta e “ciò di cui dovremmo avere veramente paura”: Osama Bin Laden! Scettico riguardo alle capacità di CIA e FBI, il cineasta si improvvisa eroe solitario per sventare la minaccia che tiene in ansia l’umanità e che costituisce soprattutto lo spauracchio più temibile per la sua progenie. Dopo un vero e proprio corso intensivo di sopravvivenza, il nostro avventuriero è finalmente pronto per partire; lo troveremo per il resto del film all’ insolito inseguimento del leader di Al Qaeda, dal Marocco all’Arabia Saudita, fino in Pakistan.


Al contrario di quello che potremmo aspettarci, il viaggio di Spurlock non è affatto la solita provocazione gonfiata in stile USA. Il documentario ha uno stile classico e molto lineare, con al centro della scena il suo ideatore. Il titolo stesso e alcuni intermezzi virtuali rimandano inevitabilmente al programma per ragazzi Che fine ha fatto Carmen San Diego?, un game show trasmesso anche in Italia in cui tre giovani detectives andavano a caccia di una criminale in giro per il mondo sfruttando alcuni indizi; lo spirito che impregna buona parte delle riprese potrebbe a tratti ricordare anche il nostro Turisti per caso. Alcune semplici ed efficaci animazioni computerizzate impreziosiscono la scena, garantendo una certa vivacità ad una struttura che altrimenti risulterebbe troppo statica. Il motivo dell’opera è poi completato dalle interviste on the road del regista - pezzo forte del film. Attraverso i dialoghi con gente comune, giornalisti, imam e altre personalità del posto emergono con estrema chiarezza degli elementi ignoti al protagonista stesso e il fuoco dell’immagine si sposta lentamente da Bin Laden alla retrocultura del mondo arabo e islamico, delineando uno scenario notevolmente complesso, in cui la verità sintetizzata e semplificata dai maggiori organi di stampa diventa piuttosto un composto sfaccettato di diverse realtà interagenti. Spurlock non ha certo il piglio indagatore di un Moore qualsiasi, ma porta con sé la curiosità e la voglia di avventura di un comune cittadino, intrisi d’un pizzico di eccentricità. La naturalezza con la quale riesce a porsi sullo stesso piano di chi osserva – senza mai essere invadente e spocchioso – gli permette di guadagnarsi le simpatie del pubblico, anche di chi vorrebbe sentir parlare di complotti e scandali internazionali. Lo spettatore può maturare con calma il proprio punto di vista e non esce certo soffocato da quello espresso. Inevitabili sono le accuse di eccessivo populismo, ma altrettanto innegabile è la passione tangibile dietro la macchina da presa.


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