Negli ultimi quindici anni ci sono stati pochi horror convincenti e innovativi come Cube, primo lungometraggio del regista italo-canadese Vincenzo Natali, girato con un budget ridottissimo, in sole due grandi stanze e con pochissimi mezzi a disposizione, a perpetua dimostrazione che un’ottima idea di base vale mille volte di più di un diluvio di effetti speciali. La grande forza del film consiste essenzialmente nel non lasciare ai personaggi e di conseguenza agli spettatori alcun appiglio logico; nessuna possibilità di contestualizzare la situazione in schemi mentali noti, lasciandoli quindi in balia di eventi inconoscibili e di conseguenza inaffrontabili. Il fulminante inizio è già nella storia del cinema di genere: lo spettatore viene proiettato immediatamente in medias res, assistendo alla brutale morte di un uomo. La scena si sposta poi ai sei protagonisti tutti chiusi all’interno di altrettante stanze chiuse e apparentemente senza aperture: nessuno di loro è a conoscenza del perché, né come sabbia fatto ad arrivare lì. Sei estranei chiusi in un non luogo, fuori dal tempo e dallo spazio. Riunitisi si rendono conto di trovarsi in un enorme cubo diviso in stanze tutte identiche tra loro, molte delle quali piene di trappole mortali: l’unica possibilità per loro è di comprendere il significato dei numeri impressi sui portelli d’ingresso delle stanze e della diversa colorazione dei vari mini-cubi. La ricerca del gruppo si muove su due direttrici: l’ovvia ricerca dell’uscita ma anche la necessità , tipicamente umana, del capire il perché delle cose e quindi di conoscere la natura del Cubo. La volontà di Natali è quella di indagare la reazione degli uomini quando vengono privati dei loro più elementari strumenti conoscitivi: la tensione, la paura e la mancanza di certezze si impossessa rapidamente del gruppo tirando fuori il lato peggiore e meno umano di ciascuno dei personaggi. In particolare a perdere la testa sarà il poliziotto, proprio l’uomo destinato a mantenere l’ordine e il controllo. La chiave per trovare l’uscita dal Caos è nella matematica e nella mente selettiva di uno dei sei protagonisti (interpretati tutti da sei illustri sconosciuti), ma molte domande rimarranno senza risposta. Claustrofobico e spiazzante, impietoso e asfissiante, Cube è un film da vedere assolutamente.