I resti di Freddy Krueger riposano in un cimitero di auto e i guerrieri del sogno, Kristen, Joey e Kincaid, possono finalmente tornare a dormire sonni tranquilli. Insomma, un epilogo perfetto per decretare la fine delle gesta di Freddy, conservando anche una nota romantico/nostalgica dal momento che a ucciderlo è stato proprio il suo creatore, Wes Craven. Ma non sono queste smancerie che hanno importanza a Hollywood, specialmente se il film totalizza quasi 45 milioni di dollari a fronte di un esborso di 5; un fenomeno abbastanza comune nel genere horror, in grado di trasformare sconosciute case di produzione in veri e propri colossi. Gli strabilianti risultati al botteghino dettarono l’esigenza di fare uscire un quarto Nightmare in tempi brevissimi, cavalcando l’onda di entusiasmo del pubblico: i fan avevano fame di Freddy e la New Line era disposta a offriglielo su di un piatto d’argento. Sfidando lo scetticismo di Robert Shaye (boss della casa di produzione) il film venne affidato al finlandese Renny Harlin (qui al suo secondo lungometraggio ma che conoscerà il successo negli anni ’90 grazie a Die Hard: 58 minuti per morire e Cliffhanger) e la sceneggiatura all’esordiente Brian Helgeland (premio Oscar nel 1997 per L.A. Confidential). Kristen (Tuesday Knight, che rimpiazza Patricia Arquette), guerriera del sogno sopravvissuta al terzo episodio, ha il forte presentimento che Freddy (Robert Englund) stia per tornare. Nonostante nessuno le creda, il suo presagio si dimostra esatto e a farne le spese saranno proprio i suoi amici, Joey e Kincaid. Toccherà alla migliore amica di Kristen, la timida Alice Johnson (Lisa Wilcox), prendere in pugno la situazione e guidare la crociata per rispedire Freddy Krueger all’inferno. Nightmare 4 – Il non risveglio totalizzò la bellezza di 49 milioni di dollari, fregiandosi del titolo di “miglior incasso della saga”. Nonostante i fatti narrati siano coerenti e direttamente consequenziali al terzo episodio, non si aggiunge nulla di nuovo alla storia né al personaggio di Krueger, la cui resurrezione sembra avvenire in modo abbastanza pretestuoso e privo di movente. Questo non è l’unico punto oscuro della sceneggiatura di Helgeland che, sebbene abbia un buon potenziale a disposizione, sfrutta male i diversi spunti narrativi sfociando nel più sicuro territorio del déjà vu. Un esempio lampante è l’idea del “Signore dei sogni” (il Dream Master del titolo originale) utilizzata solo come un banale mcguffin per portare a risoluzione la scena finale quando invece avrebbe potuto godere di un più ampio respiro. Il plot lacunoso e ripetitivo viene messo in scena con un’estetica deliziosamente (e stucchevolmente) eighties, densa di un citazionismo tutt’altro che colto che spazia dalle mosse di arti marziali alla Karate Kid agli ammiccamenti a Lo squalo, passando per Blade Runner, La mosca e arrivando a gongolarsi negli riferimenti autoreferenziali (specialmente al primo episodio) con la scena in cui Joey viene risucchiato dal materasso. A risollevare (poco) il film ci pensano le sequenze oniriche, orchestrate con minuzia dalla sinergia tra regia e effetti speciali, che qui raggiungono vette davvero notevoli, soprattutto se si considera il genere di prodotto e il budget esiguo. Basti pensare alla metamorfosi kafkiana di una ragazza in uno scarafaggio o alla scena finale in cui le anime mietute da Freddy si ribellano al loro aguzzino; scene diventate immediatamente di culto. Nightmare 4 – Il non risveglio di sicuro non sarà il miglior film della saga, ma neanche il peggiore; da gustare per godere di un po’ di sano horror d’annata.