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London River

25/08/2010 11:00

Luca Mogini

Recensione Film,

London River

Due volti, due vite e due realtà in apparente contrasto, unite dalla necessità e dalla paura sullo sfondo di una Londra cruda e realistica...

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Due volti, due vite e due realtà in apparente contrasto, unite dalla necessità e dalla paura sullo sfondo di una Londra cruda e realistica. Rachid Bouchareb, regista algerino già autore di Indigenés e Little Senegal, continua la propria ricerca sul tema della fratellanza tra le culture e sulla forza dei legami familiari, affidando il film all'intensità recitativa di Brenda Blethyn e Sotigui Kouyaté.


Elizabeth Sommers è una donna inglese e di fede protestante, Ousmane è musulmano, viene dall'Africa e vive in Francia. Lei ha una fattoria e coltiva la terra secondo le necessità umane; lui fa il guardiano forestale, impegnandosi a preservare la natura selvaggia. Saputo degli attentati del 7 luglio 2005, entrambi decidono di mettersi in viaggio alla ricerca dei propri figli, residenti a Londra, dei quali non hanno più notizie. Soli e sperduti in una città che non è la propria i due si incontrano per un caso molto più che fortuito: i figli non solo si conoscevano ma vivevano sotto lo stesso tetto. Elizabeth e Ousmane si trovano così costretti a superare le barriere culturali e sociali, in una lenta conoscenza reciproca. La disperata ricerca che si troveranno ad affrontare farà in modo di avvicinarli e di portarli a condividere gioie e dolori prima dell'inevitabile ritorno alle proprie vite.


London River è un racconto sulla fratellanza, sulla comprensione e su come gli esseri umani siano fondamentalmente uguali, una volta spogliati dei panni cuciti addosso da religione e nazionalità. Per Elizabeth e Ousmane riconoscersi simili è un'impresa difficile, che riesce solo grazie alla situazione particolare in cui si trovano. Per Rachid Bouchareb la spinta verso questa comprensione è il legame familiare, come in Little Senegal, il cui protagonista era alla ricerca delle proprie radici. In London River la riflessione si approfondisce ulteriormente, ponendo i personaggi in una situazione di rottura rispetto alla normalità in grado di sovvertire persino le regole del pregiudizio. La Londra che Bouchareb descrive è una città sconvolta, ritratta con uno stile iperrealista che si avvale di immagini prese da telegiornali, in contrasto con le numerose coincidenze nella trama, in grado di mettere alla prova qualunque sospensione dell'incredulità. Non c'è pretesa di cronaca nel racconto del regista, e London River non nasconde l'intento di essere una riflessione sulla condizione umana di uguaglianza. Brenda Blethyn e Sotigui Koyaté sono i protagonisti assoluti di un mondo che ruota attorno alle loro espressioni e alla loro recitazione. I dialoghi sono pochi e l'attenzione si concentra sui gesti, i volti e le situazioni, per due intense prove attoriali (grazie a cui Sotigui Koyaté si è aggiudicato l'Orso d'Argento al 59simo festival di Berlino). Ad accompagnare il film una colonna sonora essenziale, con una sola traccia ricorrente composta da Armando Amar. Purtroppo il messaggio che il film tenta di comunicare appare troppo infantile e fine a se stesso, e il metodo scelto per farlo è a volte semplicistico: come la pellicola è incentrata sul microcosmo dei personaggi, così sembra che Bouchareb rivolga lo sguardo solo verso una parte del problema, escludendo per scelta le infinite sfaccettature della realtà. A rafforzare questa sensazione è una storia troppo perfetta per essere vera, i cui colpi di scena risultano gratuiti e forzati, in contrasto con uno sviluppo altrimenti quasi favolistico. London River è un film interessante, la cui sceneggiatura e regia non sempre riescono a stare al passo con le capacità degli attori. Il risultato da un senso di squilibrio e rischia di irritare invece che coinvolgere. Ci si trova di fronte comunque a un'opera valida, un inno all'uguaglianza e la storia di come, nelle parole degli Smiths, "se non sarà l'amore a unirci, allora sarà la bomba."


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