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Shrek

25/08/2010 10:00

Marco Papaleo

Recensione Film,

Shrek

Nel 1996 Dreamworks lavorava già a Z la formica ma sapeva che, per concorrere seriamente contro l'avversaria Pixar, aveva bisogno di una storia e dei personaggi

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Nel 1996 Dreamworks lavorava già a Z la formica ma sapeva che, per concorrere seriamente contro l'avversaria Pixar, aveva bisogno di una storia e dei personaggi forti, capaci di far parlare di sé a lungo. Serviva un'idea al contempo tradizionale e rivoluzionaria: ed ecco che Steven Spielberg se ne uscì con una delle sue trovate, rispolverando i diritti di Shrek! (la bizzarra fiaba avente protagonista un orco) acquistati diversi anni prima e messi in un cassetto in attesa del momento giusto. Quello che originariamente doveva essere un lungometraggio in animazione classica divenne, quattro anni più tardi, uno dei primi - e soprattutto di maggior successo - cartoon in computer graphics della storia del cinema.


C'era una volta un orco grande, grosso e... verde. Il suo nome era Shrek. Non era di indole cattiva, ma era indubbiamente sociopatico: additato da tutti come “mostro”, a lui bastava starsene tranquillo nella sua palude, a vivere la sua vita di routine tra un bagno di fango e un'inutile ronda anti-orchi.


Venne però il giorno in cui il presuntuoso Lord Farquaad fece catturare tutte le creature magiche del regno, confinandole nella palude di Shrek: l'orco si imbarcò allora in un'avventura volta a riscattare le sue terre, trovando, al contempo, un buon amico e l'amore.


Geniale e irriverente: questi gli aggettivi più adatti al film diretto da Andrew Adamson e Vicky Jenson. Mentre la diretta concorrente Disney si era sempre limitata a prendere le favole classiche per poi trasformarle secondo l'innocua ottica del family oriented e del politically correct, Spielberg e Katzenberg hanno giocato con gli aspetti ambigui e bizzarri delle stesse per produrre un film che, anche se adatto a tutta la famiglia, con ironia stuzzica le corde del “politicamente scorretto” - in virtù anche dei tanti riferimenti al mondo reale, di cui il reame incantato di Molto, molto lontano è così pieno. E anche la scelta di far doppiare i protagonisti da noti attori ha finalmente un senso e non è dettata unicamente dal marketing: Mike Myers, Cameron Diaz e Eddie Murphy danno un'impronta davvero caratteristica ai loro personaggi. Divertente, dissacrante, originale: la prima avventura dell'orco verde è ormai un classico immancabile.


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