In ogni episodio di Shrek, il protagonista affronta una sua debolezza per trarne un insegnamento prezioso: se nel primo capitolo scopriva le gioie della compagnia e nel secondo imparava che ciò che conta non è l'aspetto fisico ma ciò che si ha nel cuore, nella sua terza avventura l'orco più accattivante dei cartoons deve far fronte alle proprie responsabilità di adulto, a fianco di vecchi e nuovi amici. Sembra proprio che l'agognata tranquillità conquistata da Shrek alla fine del secondo episodio non sia destinata a durare: l'orco verde scopre infatti, e per di più contemporaneamente, che diverrà presto padre (addio giornate in panciolle nella palude, benvenuti pannolini!) e che Molto molto lontano necessita di un nuovo Re... ed essendo lo sposo della principessa, be', toccherà a lui riempire il trono vacante. A meno che non convinca il riluttante Arthur - detto Artù - a divenire sovrano in sua vece. Ma durante la sua assenza, Azzurro attua un colpo di stato, servendosi di un improvvisato esercito di villain delle fiabe alla riscossa: riusciranno i nostri eroi a ritrovare anche questa volta il “lieto fine”? Con Shrek Terzo inizia, purtroppo, la parabola discendente della serie: forse proprio alla ricerca di una nuova magia, gli sceneggiatori scomodano mago Merlino - qui in buffe vesti new age - senza tuttavia ottenere grossi risultati, almeno da un punto di vista critico. Se il film, infatti, rimane un successo di pubblico notevole (anche se lontano dall'immenso riscontro ottenuto dal precedente episodio), non offre nuovi ed originali spunti di riflessione. Lo spazio dedicato alle principesse e ai vari cattivi è ben sfruttato, con picchi interessanti - ad esempio la Bella addormentata che soffre di narcolessia o l'arrivista Raperonzolo - e la parodia dei campus americani, dove ritroviamo Artù e Lancillotto, è pungente, ma non raggiunge quell'equilibrio brioso dei primi due capitoli. Anzi, l'avvio della storia è piuttosto lento e i punti di stanca, nella trama, non mancano; nonostante ciò Shrek Terzo intrattiene piacevolmente, senza - come si è capito - particolare entusiasmo.