Scott Pilgrim vs. The World è l’ultimo di una serie di flirt tra cellulosa e celluloide. Il film porta sul grande schermo i sei volumi di una serie indipendente canadese, creata da Bryan Lee O’Malley e andata incontro a un successo improvviso e inaspettato grazie alle citazioni tratte da videogiochi, fumetti e musica integrate in maniera convincente nella vita reale dei protagonisti. Edgar Wright, già regista di L'alba dei morti dementi e Hot Fuzz, si mette dietro la macchina da presa strizzando l’occhio a tutti gli elementi di cultura pop presentati dal comic, scegliendo soluzioni originali, mescolando realtà e fantasia e guardando alle commedie giovanili e ai recenti film di supereroi, senza risparmiarsi i richiami a videogiochi vecchi e nuovi. Scott Pilgrim (Michael Cera) è un ventitreenne come tanti altri: vive a Toronto, abita con un coinquilino gay, Wallace (Kieran Culkin), infinitamente più affascinante di lui, ha un gruppo musicale e, nella disapprovazione della sua cerchia di amici, ha appena cominciato a uscire con la liceale Knives Chau (Ellen Wong). Il piccolo mondo di Scott è destinato a cambiare quando incontra una misteriosa ragazza sui pattini, dapprima in sogno, poi nella vita reale. Lei si chiama Ramona Flowers (Mary Elizabeth Winstead) e per Scott è amore a prima vista, ma per poter uscire con Ramona il giovane dovrà sconfiggere i suoi sette ex malvagi, riunitisi in una lega per poter controllare la vita sentimentale della ragazza. Riuscirà Scott a superare il confronto con le storie passate e ottenere infine l’amore della sua vita? Fantastico e mai troppo distante dalla realtà Scott Pilgrim vs. The World si allontana di poco dal proprio media originale, il fumetto, e concede poco a un pubblico educato rigorosamente al cinema. Il trucco principale del mondo delineato da Bryan Lee O’Malley è quello di inserire combattimenti, superpoteri e autostrade iperspaziali in un contesto di assoluta normalità , armonizzandole in modo naturale con la vita dei protagonisti, più sconvolti da un concerto improvviso che da un avversario che si trasforma in un mucchio di monetine una volta sconfitto. Wright tenta la stessa strada, con un film colorato e divertente in cui non è strano vedere i personaggi in azione con in sottofondo la colonna sonora di un popolare videogioco, o inquadrature che incasellano la scena come tavole di un comic. Vero punto di forza del film è però la ricerca estetica, che porta alla creazione di uno stile personale e riconoscibilissimo da chiunque abbia vissuto l’infanzia nel periodo d’oro del videogioco a 8 e 16 bit. Gli effetti speciali, oltre alle classiche onomatopee fumettistiche, attingono a piene mani al mondo dei pixel, portando per la prima volta l’estetica del retro gaming nel mondo del cinema. Il primo impatto con Scott Pilgrim vs. The World può essere spiazzante proprio per il suo giocare tra mondo reale e invenzione fantasiosa, ma una volta capito il trucco il film si rivela come imponente metafora adolescenziale, con tutti gli elementi del caso. È ovvio il discorso che riguarda l’avvio di un rapporto sentimentale e il confronto con gli ex di una persona che porta con se’; meno semplice è trovare un'interpretazione e un senso quando il sottile equilibrio tra realtà e fantasia viene meno, a favore di scontri sempre più spettacolari che abbattono un po' la sensata architettura fino ad allora costruita. Non mancano battute e situazioni divertenti, e buona parte dei personaggi sono riusciti e memorabili. I cliché sono presenti e consapevoli; la sceneggiatura di Michael Bacall, Edgar Wright e lo stesso Bryan Lee O’Malley strappa sempre una risata per la capacità di prendere in giro gli archetipi della cultura pop, dall’amico gay all’amica acida, passando per vegani e stelle del cinema. L’unico problema rimane la sensazione che tutto vada sempre un po’ troppo veloce per poter essere gustato appieno, e l’impressione che troppe situazioni, episodi e sottotrame vengano svolte in maniera sbrigativa e senza il dovuto approfondimento. Nonostante le imperfezioni Scott Pilgrim si conferma come una bella sorpresa: eccessivo ma con momenti quasi intimistici legati insieme da una regia originale e piena di personalità . Un film che riesce a conquistare il proprio posto al sole con effetti visivi in grado di distinguersi e porsi come alternativa in un momento in cui il 3D sembra l’unica soluzione stilistica accettabile e permessa. Consigliatissimo a tutti coloro che sono cresciuti a pane, musica e videogiochi e a chi in un ipotetico futuro, quando altri seguiranno la lezione di Wright riempiendo i propri film di citazioni e pixel dell’era Nintendo, vorrà poter dire di aver visto il film che ha lanciato una moda.