È il 1964 e nella scuola cattolica di St. Nicholas Sorella Aloysius è temuta per la sua severità nei confronti degli allievi. Rigida e poco propensa al dialogo, la suora nutre forti sospetti nei confronti di Padre Flynn, che mostra invece un atteggiamento aperto e progressista. Poco accettato dai suoi compagni, Donald Miller, il primo studente nero della scuola, trova conforto e comprensione nel prete, che decide di stargli accanto il più possibile. Sorella James, che apprezza i modi di Padre Flynn, teme che il prete abbia avuto nei confronti del ragazzo attenzioni eccessive e ne mette al corrente Sorella Aloysius. La crociata ha inizio e, sebbene non ci siano prove, la suora decide di allontanare Padre Flynn dalla sua scuola. Una pièce teatrale diviene film a opera del suo stesso autore, il risultato raggiunge vette altissime e la pellicola resta in equilibrio per l'intera durata. Il Dubbio, diretto con rigore e scritto da John Patrick Shanley, dopo essere stato portato sul palcoscenico d’oltreoceano, entra nelle sale cinematografiche di tutto il mondo e non lascia indifferenti. Il film s’impone per l’asciuttezza e la precisione delle interpretazioni. Pochi esterni fanno da intensa cornice a dialoghi tesi e perfetti. Il Dubbio non perde la sua natura teatrale, ma esalta nel realismo cinematografico - la quotidianità delle suore e dei preti, le sequenze incentrate sugli scolari o sui sermoni - gli incontri a tre o a due, per celebrarsi infine nello scontro titanico fra protagonista e antagonista. Nella dinamica del soggetto i personaggi di contorno assumono temporaneamente il ruolo di aiutante od ostacolo per Sorella Aloysius e Padre Flynn. La sceneggiatura di Shanley ha la forza pura della matematica, della dimostrazione, della scelta consapevole, e nello stesso tempo racchiude la fragilità e il turbamento della mancanza di certezza. Il Dubbio è un ottimo esempio di scrittura cinematografica e di regia al servizio della sceneggiatura e degli attori. Il piano registico sceglie di rivelarsi soprattutto nei primi piani, nei campi-controcampi, nei dettagli, negli sguardi, perché il film è un’esplorazione dell’animo umano, delle sue contraddizioni e della sua estrema volontà di non averne fino all’ultimo, quando il tormento esplode nel cuore. Ma Shanley non si ferma qui e con nitidezza affronta il cambiamento e la resistenza a esso. La simbologia del film ne arricchisce la portata e i protagonisti si elevano da se stessi, rappresentando anche un contesto sociale in fermento: la questione razziale, l’era Kennedy, la liberazione sessuale e il Concillio Vaticano II. Sorella Aloysius (Maryl Streep), finché può si rifugia con determinazione nella rigidezza e nel rifiuto di tutto ciò che mina le sue sicurezze, mentre Padre Flyn (Philip Seymour Hoffman), crede nel progresso e nella gioiosa apertura verso gli altri. Tutto appare semplice, ma non lo è. Cosa è bene, cosa è male? Chi ha ragione e chi ha torto? Pare non esserci risposta: nel 1964, in un scuola cattolica del Bronx, tutto si confonde, proprio come oggi, proprio come in platea. Nello scontro c’è chi ci rimette perché solo chi accresce la propria umanità nella sofferenza, chi comprende, contiene in sé chi gli è vicino, lo abbraccia nella compassione e nell’amore verso gli altri, e chi segue se stesso altrove, forse erroneamente. Il dubbio resta.