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Qualunquemente

20/01/2011 12:00

Marco Papaleo

Recensione Film,

Qualunquemente

Divenuto estremamente famoso grazie ai numerosi passaggi televisivi in trasmissioni come Mai dire...

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Divenuto estremamente famoso grazie ai numerosi passaggi televisivi in trasmissioni come Mai dire... e Che tempo che fa, il personaggio di Cetto La Qualunque, come un diamante grezzo, è stato intagliato e smussato più volte dal suo interprete e ideatore, il bravissimo Antonio Albanese, attore ben conosciuto anche al pubblico cinematografico, che lo ha potuto apprezzare in pellicole come È già ieri e Questioni di cuore. Ora Cetto è pronto a sbarcare sul grande schermo, in una commedia dai toni fortemente ironici, dove il mondo va alla rovescia ma “è tutto normale, ed è giusto che sia così”.


Marina di Sopra è un tutt'altro che ridente paesino della costa ionica, che delle bellezze e delle tradizioni calabresi conserva ormai ben poco, sommerso com'è da colate di cemento abusivo e ingolfato in un sistema di vita omertoso e clientelare da cui sembra sia impossibile uscire, con buona pace dei suoi stessi abitanti. Quando il gretto e spropositatamente tronfio imprenditore Cetto La Qualunque torna al paese dopo una latitanza forzata in Sud America durata quattro anni, scopre che però qualcosa si sta muovendo, e una nuova ventata di “inopportuna legalità” sta investendo il paese, trascinata da persone “vastase e cornute” come il tenente dei carabinieri Cavallaro (Antonio Gerardi) e l'integerrimo Professor De Santis (Giovanni Cantalupo), il quale ha addirittura l'ardire di candidarsi a sindaco. La Qualunque non può certo restarsene con le mani in mano, e decide dunque di buttarsi anch'egli in politica con un programma elettorale basato sul voto di scambio, al grido di “cchiù pilu e cemento armato per tutti!”. Dopotutto, ritiene suo dovere riportare “in riga” un paese allo sbando verso la legalità. In questa sua folle corsa alla poltrona verrà aiutato da un consulente d'eccezione, Jerry (Sergio Rubini), un uomo misterioso ma che sembra assai addentro ai misteri e alle tecniche elettorali...


Quando la realtà supera la fantasia. Il film esce in un periodo in cui gli scandali politici attuali fanno sembrare personaggi come Cetto quasi dei moderati; ma non bisogna credere, erroneamente, che Albanese voglia cavalcare l'onda del momento. Anzi, bisogna riconoscere al comico una grande lungimiranza, avendo saputo cogliere i segnali della deriva politica già quasi dieci anni fa. E senza, in realtà, riferirsi particolarmente ad una figura o ad uno schieramento: Cetto non è, nonostante tutto, né di destra né tanto meno di sinistra. È solo lo specchio di una politica malata, fatta di gente che è arrivata a coprire cariche istituzionali senza alcuna reale competenza ma solo in virtù della propria influenza socio-economica, volta a proteggere solo i propri interessi e quelli dei propri protetti. La politica si riduce così a mero mezzo, non a fine: e il personaggio di Albanese incarna tutta la superbia e l'arroganza di chi si fa le regole da sé, del tutto incurante del bene comune.


La pellicola risulta, infine, forse troppo centrata sull'invadente figura di La Qualunque, spesso non dando il giusto spazio agli altri personaggi, che tuttavia non si possono dire semplicemente abbozzati. C'è infatti da leggere molto fra le righe, nel film diretto da Giulio Manfredonia, sia nei retroscena di figure assai più complesse di quanto non appaiano di primo acchito - come quella del figlio di Cetto, il timido e complessato Melo - che nelle scenografie di Marco Belluzzi, ricche di dettagli che vanno approfonditi e che ad un occhio poco attento possono ingiustamente passare inosservati: gli eco-mostri sulla costa, i cartelli stradali trivellati a colpi di lupara, le snaturate tradizioni di paese, tragicomicamente riportati così come sono. L'ironia è la stessa dei film di Checco Zalone, che ridicolizza l'ignoranza e la supponenza dell'italiano medio sbattendogli in faccia i suoi stessi atteggiamenti ridicoli ma tristemente “veri”: ma mentre i personaggi di Luca Medici appaiono in sostanza simpatici, nella loro ingenuità, Albanese mostra l'altra faccia della medaglia, l'evoluzione (o meglio, involuzione) dell'italiano d'oggi, che oramai si crogiola felicemente nel qualunquismo, al di là di ogni senso civile e morale. Nel film di Albanese i cattivi vincono, insomma, ma solo perché glielo lasciamo fare.


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