Quando una trilogia cinematografica raccoglie al box office cifre da capogiro, rilancia un genere (il fantasy, rimasto orfano di successi dai tempi de La storia infinita e La storia fantastica) diffondendosi su altri media per poi assurgere a fenomeno di massa, è inevitabile che la concorrenza si debba a sua volta adeguare. Peter Jackson ha cambiato la storia. Il Signore degli Anelli è stata una valanga innovativa, sia dal punto di vista creativo che da quello commerciale, nonché rigenerativo per l'industria e per il pubblico: evento senza precedenti, ha rilanciato la moda del fantasy in ogni contesto in cui fosse applicabile (dalla narrativa per l'infanzia alla fiction televisiva), perché – come si suol dire - bisogna battere il ferro finché è caldo. Un fenomeno di tale portata, com'è naturale che sia, sprona produttori e scrittori a tentare l'adattamento facile, come in questo caso: perno attoriale è il piccolo Simon, interpretato dal bambino prodigio Freddie Highmore - portato sotto i riflettori grazie al fantastico Neverland – Un sogno per la vita; attore versatile e di talento, qui abile nel dividere la scena con se stesso (interpreta i gemelli Simon e Jared). Quando la famiglia Grace – composta da mamma Helen, Jared, il gemello Simon e la sorella Mallory – si trasferiscono in una mansion appartenuta al loro lontano pro zio Arthur Spiderwick, non hanno la ben che minima idea di cosa conservi quel luogo sinistro e disincantato. Il piccolo Simon scoprirà pian piano strani segreti, in particolare un libro con un sigillo, trovato casualmente dentro un baule nella soffitta. Incuriosito come lo può essere un bambino della sua età , romperà il sigillo provocando la fuoriuscita di strane creature – invisibili agli occhi umani – che fino a quel momento non avevano assaporato la libertà . Messa così alle strette, la famiglia Grace dovrà fronteggiare le creature per ritrovare la serenità andata perduta. Basato sui cinque volumi de Le cronache di Spiderwick scritti da Holly Black e illustrati da Tony DiTerlizzi, l'adattamento cinematografico distribuito da Universal condensa in 90 minuti l'intera saga. Un lavoro di taglio e cucito che sposa malvolentieri la volontà produttiva di sintetizzare una vicenda ben più ampia e stimolante. Si crea confusione, la vicenda scorre veloce e di emozionante rimane ben poco. La regia di Mark Waters non riesce purtroppo a trovare un equilibrio immaginifico: sonnacchiosa, prevedibile, non è in grado di reinterpretare visivamente la complessa e stratificata materia trattata. Nonostante i nomi coinvolti (Nick Nolte e David Strathairn su tutti) e le due famose aziende dietro gli effetti speciali (Industrial Light & Magic e Tippet Studio), Spiderwick – Le cronache sprofonda nell’anonimato: le sfide proposte stuzzicano la fantasia ad un livello infantile, con creature stravaganti e gigantesce che arricchiscono con spettacolarità dinamiche narrative altrimenti noiose. Lo stesso James Horner - compositore della colonna sonora - sembra non trovare una sua dimensione creativa e finisce per riproporre con tetraggine motivetti troppo simili al suo trascorso Casper.