Sulla spiaggia di Castelporziano, sul litorale laziale, il chiosco di Maurizio (Marco Giallini) rappresenta da anni un punto di incontro e di passaggio. Mentre la madre paralitica (Ilaria Occhini) passa tutto il giorno a controllare il figlio, mangiare gazpacho e guardare sceneggiati televisivi, diversi personaggi, alcuni nuovi, altri abitudinari, sostano nel locale, prendono il sole e fanno il bagno. Ci sono Nino (Gigi Proietti), fratello cleptomane di Maurizio, Giovanna (Ambra Angiolini) e Sara (Claudia Zanella), coppia lesbica in crisi, Gigi (Francesco Montanati), Nando (Libero De Rienzo) e la sua nuova moglie russa, una star televisiva, un’aspirante suicida, un uomo dalla dubbia sessualità con pappagallo parlante al seguito, un losco figuro porta sfiga, numerose famiglie e tanti altri bagnanti. Chiaramente ispirato a Casotto, film del 1977 di Sergio Citti, Tutti al mare è la prima prova da regista di Matteo Cerami, figlio del noto Vincenzo Cerami che, come nella pellicola originale di Citti, collabora alla sceneggiatura. Una commedia che quasi trentaquattro anni dopo torna a rivisitare gli stessi luoghi, la stessa Italia, recuperando alcuni dei suoi protagonisti, come Proietti e Ninetto Davoli, e citandone altri o meglio osannandoli nel caso di Citti eletto re di Roma. Un ritorno nostalgico al passato, uno sguardo a quel modo di fare cinema degli anni Sessanta e Settanta, un tentativo discretamente riuscito di riprodurre quella struttura narrativa che distingue la commedia dalla farsa di tante pellicole contemporanee e, finalmente, qualcosa che va al di là dell’esibizione dell’attoruncolo o del comico di turno. Sostenuto da un buon cast, che eccelle nel caso di alcuni volti storici, a cui si affiancano dialoghi e situazioni ancora divertenti nella loro ripetitività e una regia abbastanza ritmata, merito pure della colonna sonora che include la forza interpretativa di Gabriella Ferri, Tutti al mare si fa ben apprezzare per la sua capacità di essere scanzonato e allo stesso tempo attuale in maniera efficace in certi casi, poco approfondita in altri. Si pensi ad esempio alle critiche rivolte alla televisione tramite il personaggio della conduttrice televisiva coautrice di ipocriti programmi sui sentimenti che non fanno altro che speculare su presunte tragedie umane, una specie di ibrido insomma fra Maria de Filippi e Barbara d’Urso; a volte invece succede che le tematiche introdotte scemino pian piano risultando inconcludenti come nel caso dello sbarco dei clandestini e della questione dell’immigrazione e dei lavoratori stranieri. Lo stesso vale per alcuni vezzi citazionistici che diventano ridicoli quando scomodano senza motivo Che cosa sono le nuvole (episodio del film collettivo Capriccio all’italiana) di Pier Paolo Pasolini. Nonostante tali difetti il film di Cerami risulta comunque ben strutturato e godibile, piacevole senza troppo impegno, ma non ancora abbastanza per essere considerato un punto di svolta in uno dei generi più abusati dal cinema italiano.