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Padrona del suo destino

16/03/2011 12:00

Erika Pomella

Recensione Film,

Padrona del suo destino

Dopo l'insuccesso del toccante Un eroe piccolo piccolo, Marshall Herskovitz si dedica al melodramma storico, portando sul grande schermo la vita e gli amori di

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Dopo l'insuccesso del toccante Un eroe piccolo piccolo, Marshall Herskovitz si dedica al melodramma storico, portando sul grande schermo la vita e gli amori di Veronica Franco, poetessa veneziana famosa in tutta la laguna per le sue doti amatorie. Partendo dal romanzo The Honest Courtesan di Margareth Rosenthal, il regista traccia un ritratto di una delle donne più conosciute della Serenissima, ponendo l'accento sul suo desiderio di indipendenza e, al contempo, sul suo sogno di appartenere, finalmente, ad un uomo solo.


È il 1583 a Venezia. Veronica (Catherine McCormack) e Marco (Rufus Sewell) si innamorano, ma il loro è un sentimento senza futuro. Lui è aristocratico, lei una semplice serva: i loro due mondi opposti li spingono velocemente alla separazione. Ma Veronica non è una ragazza arrendevole: sotto la guida di sua madre Paola (Jacqueline Bisset), impara l'arte delle cortigiane e ben presto la sua bellezza e, soprattutto, la sua intelligenza le permettono di avvicinarsi a tutti quei privilegi tipicamente maschili. Marco, nel frattempo, si è sposato con una donna educata ad essere moglie (Naomi Watts) ma che, tuttavia, non ha lo spirito e la libertà che invece abbondano in Veronica. Ben presto i due amanti si ritrovano e niente - né la guerra, né l'inquisizione, né l'invidia di un amico (Oliver Platt) - riuscirà più a dividerli.


Diciamolo subito: Padrona del suo destino non è un film per tutti. Di certo non lo è per quegli spettatori che si sentono cariare i denti davanti a dichiarazioni d'amore eterno. Perché è proprio l'amore il punto nevralgico della pellicola. Tutto quello che i personaggi fanno, lo fanno dettati dal capriccioso Cupido. Veronica Franco sceglie la via delle cortigiane non solo per poter saziare il suo desiderio di conoscenza, ma soprattutto perché dopo l'abbandono di Marco sente di non poter dare il suo cuore a nessun altro. E non potendo amare nessuno, non si fa problemi ad usare il proprio corpo per raggiungere un altro importante obiettivo: la libertà. Nel 1500 spesso la donna veniva vista semplicemente come suppellettile dell'uomo; qualcosa da mostrare o, al massimo, con cui poter mandare avanti l'albero genealogico. Se qualcuna si ribellava a questo status quo veniva subito additata come strega e amante del diavolo («Nella voce di una donna si può celare la tentazione», recita il personaggio di Moira Kelly). Ma la poetessa, interpretata egregiamente da Catherine McCormack, si allontana da queste catene che la vorrebbero semplicemente moglie e madre, emancipando la figura della cortigiana del tardo cinquecento veneziano.


Marshall Herskovitz è un regista per lo più televisivo: la sua inesperienza sul grande schermo (Padrona del suo destino è il suo secondo film) si nota in alcune incertezze registiche e di certo il film sarebbe stato di un livello infinitamente inferiore se non fosse per la fotografia di Bojan Bazelli e i costumi della pluripremiata Gabriella Pescucci. La scelta di utilizzare una luce calda, quasi soffusa e sempre virata verso le tonalità del rosso, risulta ottimale per ricreare un'atmosfera rinascimentale. Tanto che i personaggi smettono di essere dei semplici corpi in movimento per trasformarsi in personaggi degni delle migliori tele del Tintoretto. A questo si aggiunga il lavoro della Pescucci, che lavora sui toni del porpora e del borgogna proprio per amalgamare i costumi di scena all'ambientazione creata. Un'atmosfera che rende Padrona del suo destino un classico melodramma in costume, in cui i sentimenti la fanno da padrone.


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