Space Dogs è il primo film 3D girato in Russia. A parte questo, c'è davvero poco da dire sul film d'animazione di Inna Evlannikova e Svyatoslav Ushakov. Girato per il cinquantenario del volo spaziale dei cani Belka e Strelka e finanziato dal Centro di Studio Nazionale, Space Dogs 3D ha fatto registrare incassi da record nell’Europa dell’Est. Inspiegabilmente. È il 1960. Belka è una giovane star del circo di Mosca. Strelka è una randagia, che vive in strada insieme al topo Venya. Quando le loro tre esistenze si incontrano, la vita che conoscevano si dissolve. I tre, infatti, vengono portati in una base segreta dove, sotto l’occhio vigile dell’istruttore Kazbeck, cominciano l’addestramento che, il 19 Agosto, li porterà nello spazio. La storia delle cagnoline Belka e Strelka è un miscuglio - poco riuscito - dell'animazione di stampo occidentale. La cosa salta all'occhio sin dalle prime inquadrature: il film, infatti, comincia con un uccello che fa di tutto pur di non perdere il suo pezzo di formaggio, con alcune gag (poco divertenti) che tornano di tanto in tanto durante lo sviluppo della trama. È quasi fin troppo semplice individuare il parallelismo con Scrat e la sua ghianda de L'era glaciale. E ancora: se si osserva il personaggio di Venya - il ratto che vive rubando e sognando il formaggio - non si può fare a meno di notare la somiglianza che lo lega con il topolino protagonista dello splendido Ratatouille, ma ci sono molti altri esempi come questo: gli stessi artisti del circo da cui proviene Belka, se analizzati uno ad uno, possono essere considerati come esperimenti poco riusciti di calcare personaggi più famosi. Il capo di Belka è una versione scolorita dello Zazu de Il Re Leone; l’elefante che vorrebbe volare è un misto tra Dumbo e il pachiderma in cui viene trasformato Abu in Aladdin. La figura paterna che Strelka cerca nella volta celeste sembra il ritratto di Whisky, il burbero cagnolino di Lilly e Il Vagabondo. Il rifugio in cui Strelka e Venya vivono sembra saltato fuori da Charlie, anche i cani vanno in paradiso. E si potrebbe andare avanti all'infinito. Ma non sono questi spunti - troppo numerosi per essere considerati semplici omaggi - il punto debole di un film che nella sceneggiatura trova il suo tallone di Achille. I personaggi mancano quasi completamente di uno spessore psicologico che oltrepassi il semplice limite buono/cattivo. Spesso manca quell'arco di trasformazione che, sulla carta, implica il successo di un personaggio. Belka e Strelka rimangono le stesse che erano all'inizio. Al massimo Belka ha imparato a superare la sua fobia per il fuoco, ma rimane la stessa viziata e ambiziosa che era nel momento in cui entra in scena. Strelka continua a credere alla fiaba raccontata da una madre sola, e niente nel suo carattere sembra suggerire un suo miglioramento o anche un minimo cambiamento. E questo deficit si riscontra anche a livello di empatia spettatoriale. A differenza dei capolavori della Pixar o della Dreamworks, Space Dogs 3D si indirizza ad un pubblico specifico, quello degli under 13; elemento confermato anche dall’animazione semplice e quasi elementare. Potrebbe – perciò - anche essere comprensibile che un adulto non provi immedesimazione, ma la totale mancanza di empatia non può che essere sintomo di un fallimento. Senza dubbio è il personaggio di Venya a tenere su il banco. Le poche volte che la pellicola strappa un sorriso è per qualche battuta del topolino. La stessa struttura narrativa del film mostra qualche incertezza. La pellicola, infatti, si presenta come il racconto di un cagnolino che, giunto al cospetto di John F. Kennedy, racconta agli animaletti del presidente la storia di sua madre. Fin qui, niente di strano. Il racconto parte sulla tenera voce di questo cucciolo e pian piano il set si sposta dall’altra parte del mondo. Quello che disturba è la sorta di mise en abime che avviene poco dopo, quando all’interno di un flashback soggettivo (il racconto del cagnolino) viene inserito un altro flashback, stavolta esterno (ossia la storia dei cani spaziali di Strelka). Un accenno va fatto anche all’utilizzo di questo 3D che fa gonfiare il prezzo del biglietto e sbuffare gli spettatori. Anche per Space Dogs 3D l’uso della tecnologia è pressoché inutile. Non aiuta la profondità di campo, non seduce con oggetti che sembrano arrivare addosso allo spettatore. E di certo non serve a salvare un film fortemente mediocre.