Esordio di M. Night Shyamalan nelle vesti di produttore (tramite la The Night Chronicles) con questo Devil, scritto dallo stesso regista de Il sesto senso e diretto da John Erick Dowdle e Drew Dowdle, conosciuti ai più per aver diretto Quarantine, il remake/fotocopia dell’horror iberico Rec. Scopo della The night Chronicles è produrre horror di buona qualità a costi relativamente contenuti. E chi poteva inaugurare al meglio la nuova avventura se non il Diavolo in persona? L’idea di base è decisamente stuzzicante: in un enorme grattacielo cinque persone (3 uomini e 2 donne), tutte con un passato o un presente macchiato dal Peccato, rimangono bloccate all’interno di un ascensore. Quello che dovrebbe essere un banale guasto si rivela presto essere qualcosa di decisamente più serio in quanto una delle cinque persone è il Diavolo che inizia presto a mietere vittime all’interno della cabina. Ma chi sarà dei cinque? A cercare di far luce sul mistero è il detective Bowden (Chris Messina, buona la sua prova), un passato tragico a causa della morta della moglie e del figlio uccisi da un pirata della strada, arrivato sul posto a causa di un suicidio (nelle leggende popolari, infatti, l’avvento del Demonio è preannunciato da un suicidio). Se la qualità delle riprese e della fotografia sono indiscutibili, non si può dire altrettanto della sceneggiatura. Innanzitutto, lo spettatore dovrebbe condividere con i cinque protagonisti il fastidio della claustrofobia abbinato al terrore per la morte che aleggia su di loro, ma questo non avviene. La causa principale è legata a una caratterizzazione dei personaggi prossima allo zero, a una prova recitativa insufficiente e alla assoluta mancanza di tensione. Vuoi per comodità o per il ristretto minutaggio, Shyamalan e i Dowdle optano per la strategia del “tutto e subito” con effetti decisamente negativi: nell’ascensore dopo cinque minuti già si odiano tutti ferocemente, il guardiano Ramirez è convinto che sia tutta opera del Demonio dopo il primo incidente e il detective Bowden gli dà retta quasi subito spiattellando ai quattro venti il suo passato tragico con costanza ammirevole. E ad “impatto zero” finisce per essere anche l’opera del Diavolo: le uccisioni all’interno dell’ascensore si susseguono stancamente, sempre identiche (luce che salta, rumori di lotta, luce che si riaccende, cadavere). Davvero estremamente difficile provare un brivido. Colpo di scena finale vano: l’amante dell’horror più attento ha buone possibilità di capire molto presto da dove provenga la puzza di zolfo.