Non era semplice aggiornare un Capolavoro del cinema coreano come The Housemaid ai giorni nostri. A tentare l'impresa vi ha provato il talentuoso regista Im Sang-soo, già autore di una certa rilevanza internazionale grazie agli apprezzati La moglie dell'avvocato e The president's last bang. Presentato all'ultimo Festival di Cannes, la pellicola ha ora trovato una distribuzione anche nelle sale italiane grazie a Fandango, una sorta di "avvenimento" vista la scarsa considerazione da parte della distribuzione italiana, in sala, di opere di provenienza orientale. Eun-y (Jeon Do-yeon) viene assunta come domestica da famiglia di ricchi, nella quale la giovane moglie si trova in attesa del terzo figlio mentre il marito è spesso fuori casa per impegni di lavoro. La ragazza si fa presto benvolere da tutti, anche dalla vecchia governante che ha trascorso buona parte della sua vita in quella villa. Ma i pericoli sono in agguato: il marito infatti la seduce e finisce per metterla incinta. Da qui in poi la vita di Eun-y diventerà un vero e proprio inferno. La versione 2010 di The Housemaid è un omaggio imperfetto, tanto ricco di fascino quanto privo di un reale coinvolgimento emotivo. Se nel film del 1960 la storia si reggeva su una solida tensione, con derive sessuali e un intenso approccio psicologico, questo remake sembra giocare più sulla confezione che sull'anima pulsante del racconto. Ma la scelta di aggiornarlo ai giorni nostri ha cambiato anche inesorabilmente le carte in tavola: la protagonista compie una sorta di percorso inverso, assumendo quasi completamente il ruolo della vittima e distogliendo pressoché del tutto i suoi risvolti da diabolica carnefice vendicatrice dell'originale. Percorso che contamina il ritmo, talmente diluito da dimezzare la carica thriller e che sfiora più volte le derive del dramma. Im Sang-soo è un maestro nel catturare le immagini, nel rendere poetico anche il più insignificanti dei dettagli o delle gesta, aiutato in questo da una fotografia impeccabile e da una componente tecnica di tutto rispetto. Le scene potenti e visivamente magnifiche, finale su tutte, non mancano e l'atmosfera opprimente si respira a pieni polmoni; difficile negare le qualità dell'Opera, sicuramente deficitaria ma che ha al suo arco diversi spunti di interesse. Certo, il confronto con il classico di Kim Ki-young la vede perdere su parecchi fronti, ma visto che assai difficilmente chi si recherà in sala avrà visto anche la fonte, il giudizio potrà rivelarsi più positivo e la visione soddisfacente.