Il professore (Giuseppe Battiston) è un uomo sulla quarantina, tuttofare di una casa d’appuntamenti nel centro di Roma; è un individuo strano, servile e a volte assente, e che si distrae facilmente perdendo contatto con la realtà. La piattezza e l’inutilità della sua vita vengono sconvolti dall’incontro con la Marchesa (Ambra Angiolini), una prostituta che ha tentato il suicidio per una delusione d’amore. Il professore comincia a farle visita regolarmente in ospedale, la ragazza, chiusa nel suo dolore, trova in lui una specie di conforto. L’esplorazione degli scavi di Villa Adriana a Tivoli inciderà profondamente sull’uomo risvegliandolo gradualmente da un torpore esistenziale. Distribuito in appena 30 copie, Notizie degli scavi è l’ultimo dei rari lavori di Emidio Greco presentato fuori concorso all’ultima Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Tratto dal racconto omonimo di Franco Lucentini, il film ha una genesi curiosa: Greco scrisse la sceneggiatura nel 1964 come saggio per partecipare alle selezioni del Centro Sperimentale di Cinematografia; si era perfino pensato a Leopoldo Trieste e Anna Karina come possibili interpreti ma per vari motivi la pellicola non fu realizzata. 47 anni dopo Notizie degli scavi giunge finalmente sul grande schermo in una versione attualizzata e rivista per il nuovo millennio, la storia di fondo però resta invariata e incredibilmente, come ha affermato lo stesso regista, sembra più vicina alla contemporaneità che agli anni Sessanta. Dotato in potenza di una sua poeticità intrinseca, quasi insolita nel nostro cinema, Notizie degli scavi cela dietro una semplice vicenda il racconto del male di vivere di un uomo, chiamato ironicamente “il professore”, che non riuscendo a sopportare il reale se ne distacca fissandosi e perdendosi in particolari apparentemente inutili ripresi in soggettiva. Numeri di telefono, volti e discorsi della gente in una serata romana, la struttura di un elettrodomestico, l’arancio di una zuppa, i buchi di un calzino e infine gli scavi di Villa Adriana, reperti colmi di memoria e d’arte, spazi in cui il tempo è rimasto immobile, rovine di un’epoca che rispecchiano rovine interiori. La sua eccentrica solitudine incontra quella di una prostituta spossata dal dolore che gli si aggrappa sentendo in lui una sorta di comprensione, una purezza conferitagli proprio dal fatto che la sua mente abita altri luoghi. Le intenzioni di Greco sono apprezzabili. La sua predilezione per una regia a tratti teatrale non sempre è in linea con il trasporto psicologico, ma ciò che lascia perplessi è - eccetto Giuseppe Battiston, bravissimo - l’impostazione interpretativa dell’intero cast (Ambra Angiolini in primis), caratterizzato da una recitazione forzata, non colloquiale; risacca di un meccanismo che provoca distacco e fastidio. Rimane comunque una buona impronta autoriale. Purtroppo i dubbi suscitati dalla resa scenica, in alcuni casi freddamente documentaristica, compromettono la completa riuscita del film.